lunedì 30 agosto 2010

in questa mattina di lana piovosa



In questa mattina di lana piovosa, tutta l'uva è sulle pergole e nessuno la raccoglie ancora.

In questa mattina di lana piovosa, io ho approvato il mio aspetto senza mentire, e ho bagnato le scarpe nell'erba senza che una goccia disturbasse la pelle. L'erba era nutrita dall'acqua.

In questa mattina di lana piovosa, ho abbandonato il mio ombrello rotto e ho lanciato le sue stecche nel fiume, frecce d'argento sull'argento che rispecchia se stesso. La pioggia spruzza argento sui cassonetti dei rifiuti, sui lampioni e sulle ringhiere della scuola, che imprigionano i bambini nell'ora di ricreazione.

In questa mattina di lana piovosa, tutte le donne si scoprono belle, nello specchietto di una cipria o in quello più grande di una vetrina sbirciata sottovoce. Tutte le donne, sì, tutte guardano se stesse come una meraviglia. E gli uomini, gli uomini non si sono irritati della pioggia che scendeva a bagnare il vestito. Nessuno di loro ha bestemmiato quando un semaforo o il passo di un gatto hanno minacciato un ritardo, nessuno di loro ha bevuto soltanto un caffè a colazione.

In questa mattina di lana piovosa, le vecchie finalmente hanno pregato meno del solito, perché semplicemente non c'erano niente e nessuno da supplicare, e i bambini hanno fatto casino e mescolato le carte e nessuno li ha sgridati. E i ragazzi, quelli si sono baciati davanti ai cancelli della scuola senza che nessun bidello suonasse la campana, e anche a quelli che andavano soli non è stato negato un abbraccio, perché nessuno cominciasse il giorno senza compagnia.

In questa mattina di lana piovosa, il fiume canta la solita nenia sempre uguale. Solo che questa volta lo ascoltano tutti. E se il fiume non è un fiume ma un fosso di campagna, e se i fiori intorno non sono le aiuole che mettono in mostra a Sigurtà, ma margherite un po' spente e un po' calpestate, stamattina non sta a notarlo nessuno.

In questa mattina di lana piovosa, nessun cameriere ha fatto il conto sbagliato, e tutti i cassieri hanno battuto lo scontrino e tutti gli impiegati hanno risposto al call center e nessun capo del filo è stato scortese con l'altro. Solo i vigili urbani hanno strappato qualche multa in meno, a qualche svagato che si era fermato dove c'era divieto, per guardare che pioveva.

Stamani nessun caffè è stato troppo freddo, troppo liscio o troppo macchiato, e nessuno ha dovuto prendere la brioche all'albicocca perché quelle alla mora erano finite. Nessuno scapolo ha preso lo joghurt dal frigo e ha visto che era scaduto. Il miele era persino più zuccherino e anche le anoressiche ne hanno assaggiato un pochettino, perché era dolce davvero.

In questa mattina di lana piovosa, a dire il vero nessuno ha gridato.

Tutti i bambini sono nati senza dolore, senza che le mamme si facessero male.

Stamattina nessuno si è fatto male. Nemmeno un dito si è sbucciato. La pioggia non ha fatto scivolare nessuno. Gli autolesionisti non si sono fatti male. I gatti hanno lasciato stare le lucertole nei prati.

Guardo l'orologio e le lancette sono frecce d'argento, come le stecche dell'ombrello che sono sparite sul fondo del fiume. Ancora un minuto, e poi...

dong...

il mezzogiorno.

mercoledì 25 agosto 2010

contro la lapidazione



[questo post è tratto dal blog di Ondina: link http://lanavesullonda.blogspot.com/2010/08/dire-no-28-agosto-2010-100-citta-contro.html#comments ]


il 28 agosto, per un attimo, guardiamo con occhi diversi il nostro corpo nello specchio. riconosciamo che è un corpo di donna.
pensiamo a tutti quei corpi di donna che ogni giorno da qualche parte cadono trafitti di pietre.
sono come i nostri. fragili e potenti come i nostri.
corpi e menti e storie di donne meno fortunate di noi.
non dimentichiamoci mai di loro. facciamo circolare ques'immagine nei nostri blog e soprattutto nei nostri cuori.


La donna è un mondo.
la donna è IL mondo.
L'uomo è l'1. Unità pura e solitaria. La donna è il 2, numero binario. la donna crea, cammina. un'unità non fa un ritmo. la donna da sola è melodia.
perciò gli uomini insieme la amano e la temono. Se l'uomo è il seme della vita, la donna è il mondo che la può ospitare. una vita senza mondo non può esistere. un mondo senza donna, non può esistere.
le donne conoscono le magie, i cicli della luna e delle stagioni. le donne contengono nella loro pancia il segreto della vita e della morte e non lo sanno spiegare. sono tutte un poco maghe e un poco dee.
l'articolo femminile sta davanti alle parole terra, anima, luce, casa, energia, vita, guerra e pace, felicità.
c'era un'epoca in cui le donne reggevano il mondo, mi raccontava un giorno un'esperta di storia, ed era un'epoca senza avventure e senza guerra.
poi i maschi presero il potere e cominciarono a viaggiare per mare, a fondere l'oro, a costruire le città, a fare le grandi cose che crearono il mondo com'è oggi. tra queste anche la guerra.
Le donne che non cercavano avventura e non amavano la guerra rimasero a casa, dove molte di loro stanno ancora oggi.

negli uomini rimase il terrore di loro. tutti noi abbiamo sempre paura di ciò che non riusciamo a spiegarci.
L'attrazione della donna li confondeva. era come un vizio, come una malattia. era un'attrazione che superava enormemente il limite del fisico e intaccava pericolosamente le loro anime avventurose e guerriere. la donna ricordava loro che ciò che stavano costruendo non era Vita, ma solo qualche data su un libro di storia. gli uomini avevano paura delle donne.

e da allora le odiarono.
credettero che solo facendo schiava la Vita in persona, si sarebbero salvati dal suo potere.
e così donna cominciò a far rima con diavolo.
nel medioevo bruciavano le streghe.

E OGGI? CHE COSA FANNO OGGI? IO OGGI FREQUENTO LA SCUOLA, LAVORO E POSSO SPERARE IN UNA VITA MIA. MA ALTRE DONNE COME ME NON POSSONO PENSARE DI PRENDERE IN MANO LA LORO VITA.
UOMINI IGNORANTI ED ATTERRITI LE TENGONO IMPRIGIONATE CON LE UNICHE CATENE CAPACI DI TENERLE FERME: QUELLE MENTALI.
DONNE EDUCATE A ESSERE SCHIAVE PRIMA ANCORA DI RICEVERE LA PRIMA FRUSTATA.

DICIAMO NO ALLA SCHIAVITù DELLE DONNE.
DICIAMO NO ALLA SCHIAVITù DELLA VITA.
BASTA CON IL BIGOTTISMO MASCHERATO DA RELIGIONE.
BASTA TORTURE, BASTA LAPIDAZIONE.

giovedì 19 agosto 2010

il nostro corpo è un regalo del cielo.
non meno bello di un tramonto o della pioggia sottile che tremola nei pomeriggi d'estate.
le sue curve sono le rotondità dei pianeti. sono i contorni delle colline.
odiamo queste morbidità perchè le vediamo insidiose, capaci come sono di nasconderci l'orizzonte.
ma l'orizzonte non sparisce con le colline. sia esso piatto o curvo, morbido o acerbo, è identica la sua bellezza.
i corpi sono vari come le sfumature d'azzurro che vediamo stendersi su di noi.
non ne esistono due uguali.
non ne esistono uno più bello dell'altro.
in base a cosa la pioggia è più bella e più degna del sole?
c'è bisogno dell'uno e dell'altro.
del morbido e dello spigoloso. non serve voler far mare un monte. torrente un fiume.
faccio io stessa fatica ad accettare ciò che sto dicendo.
perchè, dico, perchè io devo per forza essere un cielo color perla, una collina, in luogo di una pianura o di un pallido azzurro?
basta guardare in su.
il nostro corpo è un regalo del cielo.
grazie.

lunedì 16 agosto 2010

ho paura di ricadere.
ho paura perchè la situazione in famiglia è pesante, la mia pancia sta crescendo(si gonfia piano, sporge oltre la linea del bacino, tira sotto le magliette aderenti), vorrei andare a vivere da sola, ma incontro mille difficoltà.
che fare? io voglio studiare. non voglio fare l'impiegata per tutta la vita. in fondo ho solo la terza media.
e però: chi li trova i soldi per staccarmi da quella casa? mio papà ride e dice di lasciare la scuola se proprio voglio, che tanto non serve a nulla; scherza. ma è terribilmente serio per me questo gioco.
calcolo le calorie, quasi per gioco. e mi accorgo che a casa mangio di più che in comunità.
mangio di più eppure ho sempre addosso una fame che uccide.
ho paura di questa fame. ho paura che sia la porta aperta per una ricaduta.
ho paura, ho paura, ho paura.
non crediate: mangio pizze, mangio gelati. ma a casa non mi basterebbe mai, in comunità per molto meno mi sento scoppiare.
non voglio lasciare la scuola.
eppure, quei pochi soldi che col lavoro tiro su...se solo li potessi avere comunque...
non sarà eterno il tempo della comunità. me lo sento pesare come un macigno sulla testa, il tempo.
e il libro. se fosse un best seller non guarderei più in faccia a nessuno. potrei ben vivere e studiare, o anche lavorare e sognare.
ma non è un best seller. non ha neppure le possibilità di esserlo.
ragazzina, ragazzina. nonostante il grasso in più che ti pesa addosso, continui a camminare sul filo.
Peter Pan è stato strappato dalla sua isola ed ora comincia a sentire l'aria della vera vita...respira, respira...ma la mongolfiera pesa. e quant'è dura la vita di un adulto.

domenica 15 agosto 2010


Il ragazzo che era in me



Va' a sapere perché fossi là quella sera nei prati.
Forse mi ero lasciato cadere stremato di sole,
e fingevo l'indiano ferito. Il ragazzo a queí tempi
scollinava da solo cercando bisonti
e tirava le frecce dipinte e vibrava la lancia.
Quella sera ero tutto tatuato a colori di guerra.
Ora, l'aria era fresca e la medica pure
vellutata profonda, spruzzata dei fiori
rossogrigi e le nuvole e il cielo
s'accendevano in mezzo agli steli. Il ragazzo riverso
che alla villa sentiva lodarlo, fissava quel cielo.
Ma il tramonto stordiva. Era meglio socchiudere gli occhi
e godere l'abbraccio dell'erba. Avvolgeva come acqua.

Ad un tratto mi giunse una voce arrochita dal sole:
il padrone del prato, un nemico di casa,
che fermato a vedere la pozza dov'ero sommerso
mi conobbe per quel della villa e mi disse irritato
di guastar roba mia, che potevo, e lavarmi la faccia.
Saltai mezzo dall'erba. E rimasi, poggiato le mani,
a fissare tremando quel volto offuscato.

Oh la bella occasione di dare una freccia nel petto di un uomo!
Se il ragazzo non ebbe il coraggio, m'illudo a pensare
che sia stato per l'aria di duro comando che aveva quell'uomo.
lo che anche oggi mi illudo di agire impassibile e saldo
me ne andai quella sera in silenzio e stringevo le frecce
borbottando, gridando parole d'eroe moribondo.
Forse fu avvilimento dinanzi allo sguardo pesante
di chi avrebbe potuto picchiarmi. O piuttosto vergogna
come quando si passa ridendo dinanzi a un facchino.
Ma ho il terrore che fosse paura. Fuggire, fuggii.
E, la notte, le lacrime e i morsi al guanciale
mi lasciarono in bocca sapore di sangue.

L'uomo è morto. La medica è stata diverta, erpicata
ma mi vedo chiarissimo il prato dinanzi
e, curioso, cammino e mi parlo, impassibile
come l'uomo alto e cotto dal sole parlò quella sera.


siamo tutti quanti vittime di una paura antica.
la paura dei bambini che vivono attraverso il gioco.
giochi infranti sono le nostre paure. o giochi che non abbiamo avuto il coraggio di fare.
che strano essere di nuovo qui, a casa.
a casa di una madre debole e un padre che disapprova qualunque cosa e gioca con la colpa. forse esagero. ma non so perdonare il giorno che ha detto che sono una larva senza qualunque dignità.
mi ha accusata di cercare la vita da sola per la droga e lo sballo.
io, che quasi piango ad ogni sigaretta che accendo.
domani per fortuna andrò via.
la medica sarà estirpata un giorno, l'uomo cotto dal sole andrà via.
ma guarderò con paura anche il loro partire, credo.
ci sono cose nella vita che odi eppure provi fastidio all'idea che passino.
la mia famiglia è per me come per lungo tempo ho visto il pane: utile e letale insieme, senza che riuscissi a comprenderne bene il perchè. ma anche ad adddentarlo, vinta ogni resistenza, questo pane è muffito.
cazzo.

sabato 14 agosto 2010

certi ricordi sono di casa

la casa di mia madre;
lo studio della casa di mia madre.
quante cose ho fatto qui dentro. quanti pianti, urle, botte, tagli, ricordi.
ricordi. è difficile non farsene assalire una volta che torni nel luogo dove tante cose sono successe.



ecco che cosa ci ritrovo, ogni volta che torno...




questo polsino l'ho comprato a Caserta, a 11 anni, quando ero andata con mio padre e mia sorella a trovare i parenti che abbiamo laggiù...
non è un polsino qualunque. quello sgorbio nero non è casuale che l'abbia tracciato proprio lì.
era la mia benda, questo piccolo pezzo di stoffa sempre uguale. la benda di tutto un mondo che sapevo esprimere solo tra la pelle e la tela.
non è il solo ricordo che qui dentro mi fa compagnia.











ero qui dentro la sera che è morto mio nonno. sera di abbuffata. sola fino alle tre del mattino ad ascoltare "i treni a vapore" per farmi coraggio. la testa stordita di sonno e confusione. c'è la foto che ho scattato, nello stesso identico posto in cui sto seduta ora. non è un ricordo concreto, ma c'è, insieme con tutti gli altri.












solo una delle mille foto idiote che mi facevo...sempre a questa scrivania. avevo scelto il braccialetto per un motivo ben preciso: il nero erano i miei giorni(più tardi, le mie briciole), affogati nel rosso di...insomma, di quello che ci scorre nelle vene. (che strano parlarne adesso...)
ho solo la foto.
solo lo stesso computer e lo stesso luogo.
il braccialetto non c'è più.
un bel giorno di aprile, semplicemente l'ho strappato via, e l'ho gettato senza una parola o un rimpianto.








venti chili e venti secoli fa, ma sempre qui.
mio padre mostrava orgoglioso questa foto. me la mostra ancora rinfacciandomi "quant'ero bella"
...quant'ero comodamente, serenamente(per loro) in sovrappeso.
è stata una sera di serenità, quella a cui risale.
a casa non c'era nessuno.








L'UNICA COSA CHE DAVVERO CONTA: IO. QUI. ADESSO.

venerdì 13 agosto 2010

le nuvole se piangono pioggia è solo per il gran ridere

vivrò da sola, ragazze, un giorno.
vivrò da sola e mi reggerò sulle mie gambe.

oggi sono felice. tutto il mondo è bagnato di pioggia e l'aria profuma. verso le tre sono uscita dalla comunità. dovevo andare alla banca ad incassare un assegno per comprare un regalo alla mia amica, ma ha cominciato a piovere e non avevo l'ombrello, ho perso la fermata e sono finita dall'altra parte della città, la banca intanto era chiusa e la pioggia continuava a cadere sulla mia testa, sul mio camminare incerto, con zaini e borse stracarichi nelle mani.
che giornata di merda, potresti dire.
invece.
mi sono rifugiata in un bar e ho chiesto di usare il bagno. i proprietari erano un'anziana coppia del sud. mi hanno detto di sì storcendo il naso. quando sono uscita mi è caduto un attimo l'occhio sul frigo dei gelati, e loro subito lì a chiedermi quale volevo.
non avevo per niente fame, però mi sono detta: "ma si, dai!". era troppo scortese rifiutare, così mi sono seduta fuori, al riparo, a mangiare. ho chiacchierato con due russi che giocavano a braccio di ferro nel tavolo vicino. ridevo, sono stata bene. non importa che non li conoscessi. esseri umani, binari sconnessi, incrociati solo per un attimo. non tutti gli incontri devono durare per sempre. quanti esseri umani come noi incontriamo ogni giorno al bar o alla stazione. ma di solito non parliamo con nessuno di loro.
poi, una corsa ed ho ripreso l'autobus per tornare finalmente a casa.
sotto le goccie dritte e pesanti fiorivano gli ombrelli. ombrelli grandi, ombrelli per due. coperte da quella volta di stoffa colorata, perchè il gelo di quella pioggia non le violasse, le persone si prendevano a braccetto.
ho fatto un sorriso grande a questa briciola di amore che danzava nella pioggia.
oggi è stata una buona giornata.

Ridiamo come le montagne non appena gli voltiamo le spalle, ogni volta che sono sicure che nessuno le veda. Come il mare che si ostinano a chiamare furioso mentre le tempeste non sono che i suoi sghignazzi. Come le nuvole che se piangono pioggia è solo per il gran ridere. Come il vento che non fa che sganasciarsi e soffia soltanto perché deve riposare il respiro.

Luciano Ligabue


p.s: Mari, un grazie speciale è per te. sotto la pioggia o nell'abbraccio del sole, il tuo solo posare le mani sopra a una tastiera è un sorriso.

giovedì 12 agosto 2010

i DCA e il loro mondo pieno di merda.
perchè ascoltano tanto la droga e se ne fregano dell'anoressia?
sono esattamente uguali.
allo stesso modo uccidono.
mondo cieco, perchè?
solo adesso che sto "bene" mi accorgo di tutto il fango che c'è quaggiù...forse ne sto ancora fuggendo perchè provo schifo. forse non ne sono ancora uscita, ed è per questo che provo tutto questo schifo. sono arrabbiata con l'anoressia. incazzata nera.

lunedì 9 agosto 2010

SILVIA CARA,
ANIMELLA FERITA,
IO NON SONO FORTE.
NIO, NOI NON LO SIAMO.
DOPOTUTTO, PUR SEMPRE FRAGILI E MORBIDE E NON SICURE.
PERò LO SAREMO.
MANGEREMO.
SAREMO FELICI, POSITIVE.
RIDEREMO, PARLEREMO, CANTEREMO.
PER NOI, PER LE NOSTRE ANIMELLE FERITE, PER I NOSTRI STOMACI CHE ORA PIù CHE MAI FATICANO A TRATTENERE IL CIBO. PER LE NOSTRE PANCE CHE FANNO MALE E LE BOCCHE SAZIE CHE SI COSTRINGONO A MANGIARE.
PER GLI ANNI CHE IL PERCORSO CHE STIAMO FACENDO NON CI HA TOLTO, MA RESTITUITO.
PER LE FAMIGLIE CHE UN GIORNO TI(CI?) VEDRANNO TORNARE.
TU TIENI DURO E NOI SUPEREREMO ANCHE QUESTA.