ma che mucchio di cazzate ho scritto?
io non ho più l'aspetto di un'anoressica.
45 chili. ossa ricoperte nuovamente da un leggero morbido strato di grasso. brufoli leggeri, come se ridiventassi adolescente un'altra volta. dovrà pur essere cambiato qualcosa.
se uno mi vedesse ora non crederebbe che mesi fa sono stata in un ospedale per troppa magrezza.
se uno volesse trovare i segni dei tagli dovrebbe proprio andarli a cercare. e le mani non sono più così bianche e fredde e non è più impensabile vedermi per strada con una mela o un gelato (e ne mangio tanti, di gelati. ieri persino una moneta di cioccolato senza il minimo pensiero).
non può essere che questo corpo sia così diverso e che nell'anima non sia mutata.
mens sana in corpore sano: quanto è vero. ora che il mio corpo con immensa fatica tenta di ridivenire sano anche l'anima, per forza, deve fare così.
quando stai dentro ad un tunnel non la vedi l'uscita. lampi, stridii, paura: distruzione e autodistruzione, è lo stesso, tutto perso in quella nebbia gelata che confonde i sensi. ma io so che un'uscita da questo tunnel C'é. ho scritto della mia caduta, ora voglio scrivere della mia ricerca. della mia speranza. benvenuti nel mio blog.
lunedì 28 giugno 2010
è tanto difficile resistere alla forza di paranoie e ossessioni. quando comincio ad amare una persona, ad amarla sul serio, a sentirmi legata ad un gruppo, ecco che si ripresentano sempre più invadenti.
paura a fare tutto. irrigidimento totale se lei o qualcun'altro mi sfiora. gelosia pungente come uno spillo per quella ragazzina con la pancia tonda tonda e il viso largo e infantile con la sua risata onnipresente, quella ragazzina a cui voglio bene, che è in comunità da una settimana appena e già tutti la amano. è il contrario di me, e tutti la amano.
eccolo insinuarsi pian piano il solito vecchio senso di inadeguatezza. stanca mi tiro su e lo combatto. ma non riesco a liberarmi e intanto gli altri mi vedono farmi piccola piccola, impacciata e disgustata di me, e allibiti non sanno che dire.
"come possono amare quell'alessia impacciata e depressa che hanno ora davanti?" mi chiedo intanto, e mi sento una fallita perchè in 7 mesi di comunità ci ho messo la ragione e so perfettamente che tutto questo è solo una trappola della mia mente, una volgare disgustosissima pulce.
eppure la pulce resiste anche se l'ho appena smascherata.
riesco a tirarmi fuori soltanto parlando e piangendo. da sola non lo posso ancora fare.
è la strada più dura quella dell'accettazione di sè.
ho bisogno della conferma che sono amata ed accettata così come sono, nella mia noiosa tendenza alla depressione.
paura a fare tutto. irrigidimento totale se lei o qualcun'altro mi sfiora. gelosia pungente come uno spillo per quella ragazzina con la pancia tonda tonda e il viso largo e infantile con la sua risata onnipresente, quella ragazzina a cui voglio bene, che è in comunità da una settimana appena e già tutti la amano. è il contrario di me, e tutti la amano.
eccolo insinuarsi pian piano il solito vecchio senso di inadeguatezza. stanca mi tiro su e lo combatto. ma non riesco a liberarmi e intanto gli altri mi vedono farmi piccola piccola, impacciata e disgustata di me, e allibiti non sanno che dire.
"come possono amare quell'alessia impacciata e depressa che hanno ora davanti?" mi chiedo intanto, e mi sento una fallita perchè in 7 mesi di comunità ci ho messo la ragione e so perfettamente che tutto questo è solo una trappola della mia mente, una volgare disgustosissima pulce.
eppure la pulce resiste anche se l'ho appena smascherata.
riesco a tirarmi fuori soltanto parlando e piangendo. da sola non lo posso ancora fare.
è la strada più dura quella dell'accettazione di sè.
ho bisogno della conferma che sono amata ed accettata così come sono, nella mia noiosa tendenza alla depressione.
mercoledì 23 giugno 2010
lunedì 21 giugno 2010
i centri per i disturbi alimentari
ho notato, a proposito dei centri per i disturbi del comportamento alimentare, sia quando sono stata presa in carico io, sia dai racconti di altre pazienti sparse in tutta Italia, che il loro modo di agire è molto spesso decisamente inadeguato a quello che dovrebbe essere l'obbiettivo, e cioè superamento dei problemi: spesso, anzi, questi vengono accentuati, nuove paranoie che prima non esistevano vengono create, e si resta sostanzialmente chiuse in questo giro fino al ricovero o (molto peggio) alla cronicizzazione della malattia.
proprio a questo pensavo in questi giorni.
per prima cosa, i centri sbagliano perchè non hanno nessun vero interesse di fermare il disturbo alimentare finchè esso non rientra nei canoni stabiliti dalla psichiatria: quante ragazze(ed io tra queste) NON SONO STATE AIUTATE NELLA MANIERA ADEGUATA, PERCHè ANCORA NON ABBASTANZA MAGRE. si dovrebbe cercare di togliere dalla testa delle persone che l'attenzione alla loro sofferenza dipende dal peso o dalle forme corporee, e il fatto che i centri si comportino così, negando che un disturbo vi sia anche quand'esso, pur non arrivando ancora alle sue forme estreme, è chiaro e conclamato, è scandaloso.
i tempi sono troppo lunghi. per chi sta davvero male, è difficile attendere mesi e mesi dopo la presa in carico da parte del centro prima di ricevere il primo consiglio che non sia: "mangia" (perfettamente inutile). io che ricordi, tranne forse dalla dietologa, non ne ho mai ricevuto uno.
le ragazze nei centri sono delle malate croniche, e l'anoressia è un disturbo eterno che o si risolve da solo, o non esiste, o dura per tutta la vita. e questo è veramente demoralizzante per chi deve lottare contro un disturbo alimentare e non viene adeguatamente incoraggiato che ce la può fare.
quando il centro per i disturbi alimentari di Trento dirigeva in compresenza la nostra comunità, le dietiste SI RIFIUTAVANO DI MANGIARE CON LE PAZIENTI persino nei giorni di festa tutti insieme, VOLEVANO TENERE LE "MALATE" SOTTO UNA CAMPANA DI VETRO, nell'ignoranza della vita e del mondo di fuori: quando morì per caso un asinello si scandalizzarono e litigarono col direttore perchè le ragazze "non dovevano essere sottoposte a un simile stress". nella vita reale, ci saranno sempre occasioni di stress certo maggiori che mangiare insieme, avere dispiaceri o persino affrontare dei lutti: tenere le pazienti lontano dalla vita reale cronicizza la malattia, che è proprio un allontanamento dalla vita reale.
il centro disapprovava i pasti in comune, perchè le pazienti "si sarebbero messe in competizione tra loro". è vero, ma solo abituarsi a consumare un pasto nella maniera più normale e sana può produrre miglioramento, e i propri comportamenti disfunzionali durante il pasto possono essere migliorati soltanto nel continuo e costante confronto con gli altri, da chi è più avanti col percorso a chi è più indietro e quindi rappresenta una prova.
i centri non danno soluzioni alternative all'anoressia: non fabbricano speranza. inducono all'isolamento nel problema e alla solitudine. non producono aggregamento e non offrono soluzioni. io ho ricevut un'adeguata assistenza solo nei dieci giorni trascorsi in ospedale. lì, sì, ho trovato un po'di speranza e conforto. ma sembra che al centro diano attenzione solo ai "casi disperati".
posso solo dirvi di fare attenzione a chi chiedete aiuto. di non accontentarvi. di cercare costantemente la soluzione migliore per voi. DI NON ASPETTARE CHE IL DISTURBO ALIMETARE SI CRONICIZZI. di non attendere in silenzio di arrivare all'ospedale. di chiedere, chiedere, chiedere, perchè ne avete tutto il diritto.
se i centri non vi danno ascolto perchè "non corrispondete ai canoni", non dategliela vinta. non disperatevi per adeguarvi. non siete voi che siete immeritevoli di aiuto, ricordatelo.
sono loro che non hanno i mezzi adeguati.
è difficilissimo uscire da un disturbo alimentare da sole: assicuratevi di avere a disposizione l'aiuto giusto.
proprio a questo pensavo in questi giorni.
per prima cosa, i centri sbagliano perchè non hanno nessun vero interesse di fermare il disturbo alimentare finchè esso non rientra nei canoni stabiliti dalla psichiatria: quante ragazze(ed io tra queste) NON SONO STATE AIUTATE NELLA MANIERA ADEGUATA, PERCHè ANCORA NON ABBASTANZA MAGRE. si dovrebbe cercare di togliere dalla testa delle persone che l'attenzione alla loro sofferenza dipende dal peso o dalle forme corporee, e il fatto che i centri si comportino così, negando che un disturbo vi sia anche quand'esso, pur non arrivando ancora alle sue forme estreme, è chiaro e conclamato, è scandaloso.
i tempi sono troppo lunghi. per chi sta davvero male, è difficile attendere mesi e mesi dopo la presa in carico da parte del centro prima di ricevere il primo consiglio che non sia: "mangia" (perfettamente inutile). io che ricordi, tranne forse dalla dietologa, non ne ho mai ricevuto uno.
le ragazze nei centri sono delle malate croniche, e l'anoressia è un disturbo eterno che o si risolve da solo, o non esiste, o dura per tutta la vita. e questo è veramente demoralizzante per chi deve lottare contro un disturbo alimentare e non viene adeguatamente incoraggiato che ce la può fare.
quando il centro per i disturbi alimentari di Trento dirigeva in compresenza la nostra comunità, le dietiste SI RIFIUTAVANO DI MANGIARE CON LE PAZIENTI persino nei giorni di festa tutti insieme, VOLEVANO TENERE LE "MALATE" SOTTO UNA CAMPANA DI VETRO, nell'ignoranza della vita e del mondo di fuori: quando morì per caso un asinello si scandalizzarono e litigarono col direttore perchè le ragazze "non dovevano essere sottoposte a un simile stress". nella vita reale, ci saranno sempre occasioni di stress certo maggiori che mangiare insieme, avere dispiaceri o persino affrontare dei lutti: tenere le pazienti lontano dalla vita reale cronicizza la malattia, che è proprio un allontanamento dalla vita reale.
il centro disapprovava i pasti in comune, perchè le pazienti "si sarebbero messe in competizione tra loro". è vero, ma solo abituarsi a consumare un pasto nella maniera più normale e sana può produrre miglioramento, e i propri comportamenti disfunzionali durante il pasto possono essere migliorati soltanto nel continuo e costante confronto con gli altri, da chi è più avanti col percorso a chi è più indietro e quindi rappresenta una prova.
i centri non danno soluzioni alternative all'anoressia: non fabbricano speranza. inducono all'isolamento nel problema e alla solitudine. non producono aggregamento e non offrono soluzioni. io ho ricevut un'adeguata assistenza solo nei dieci giorni trascorsi in ospedale. lì, sì, ho trovato un po'di speranza e conforto. ma sembra che al centro diano attenzione solo ai "casi disperati".
posso solo dirvi di fare attenzione a chi chiedete aiuto. di non accontentarvi. di cercare costantemente la soluzione migliore per voi. DI NON ASPETTARE CHE IL DISTURBO ALIMETARE SI CRONICIZZI. di non attendere in silenzio di arrivare all'ospedale. di chiedere, chiedere, chiedere, perchè ne avete tutto il diritto.
se i centri non vi danno ascolto perchè "non corrispondete ai canoni", non dategliela vinta. non disperatevi per adeguarvi. non siete voi che siete immeritevoli di aiuto, ricordatelo.
sono loro che non hanno i mezzi adeguati.
è difficilissimo uscire da un disturbo alimentare da sole: assicuratevi di avere a disposizione l'aiuto giusto.
sabato 19 giugno 2010
la pancia, come me la vedo enorme anch'io.devo rassegnarmi al fatto che non sarà mai più piccola di così. devo rassegnarmi di vedere sparire le mie adorate ossa, come scie dentro il mare, come navi che passano e lasciano le onde a richiudersi. la mia speranza è che ci sarà qualcosa, in cambio, di più bello. di più vero.
c'è sicuramente nella vita di ognuna di noi qualcosa di infinitamente più bello e vero di un mucchietto di ossa, del controllo febbrile sul cibo, del rifiuto della femminilità. sicuramente.
tutto sta nel trovarlo ed aggrapparci.
ho trovato un lavoro. ho ritrovato degli amici.
ho scrito un libro. ho conosciutopersone. mi sono concessa di sbagliare, di non andare poi così bene a scuola, di non essere poi così perfetta, eppure qualch timido 8 l'ho preso.
mi sono concessa delle abbuffate che la mancanza di mio nonno ha imposto a mio stomaco. le ho accettate come necessarie e senza troppo soffrire le ho lasciate andar via.
tutto questo al prezzo di qualche osso riassorbito dal grasso. di tanto dolore. ma anche di gioia. procedo lenta e costante verso il normopeso. e tremo al pensiero di raggiungerlo, eppure continuo a tirare.
guardo la vostra discesa, sorelline, il vostro cammino per la magezza, e unaparte di me vi invidia. ma un'altra più forte mi spige a gridar di fermarvi.
ho vissuto quello che avete vissuto voi. non sono un'altr di quelle persone che da un peso di 60 chili vi raccontano di quanto sia assurdo farsi le paranoie. non sono un'altra di quei dottori per cui voi (ed io) provate (ed ho provato) un'enorme diffidenza.
sono stata anoressica anch'io, non altro. sono stata ricoverata non molo tempo fa perchè rischiavo un attacco di cuore, e sulla cartella hanno scritto "denutizione".
sono io questa persona ed io vi imploro di chiedere aiuto.
e se non ve lo danno, se i centri non vi ascoltano soltanto pechè ancora vi reggete in piedi, chiedete a me. conosc tante persone meravigliose che non hanno bisogno di vedere una ragazza di 30 kg per capirla e ascoltarla.
lottate contro l buio, non abbiate paura. cercate nel vostro cuore il Sogno che il disturbo alimentare vi ha strappato.
io ieri al funerale di mio nonno. gli ho promesso che farò la scrittrice.sono forse i miei stupidi racconti che mi hanno salvato: nulla, quindi, di pazzo o trascendentale.
un racconto, una canzone, una frase, uno strumento musicale, un sogno piccino e nascosto per troppo tempo.
senza sogni siamo denutrite come le canne secche.
se sognamo, invece, siamo verdi e serene come le foreste. perchè il sogno è come la pioggia: se non siamo capaci di accoglierla, come i terreni argillosi, scappa e ci lascia solo il vuoto; se ACCETTIAMO di LASCIARCI NUTRIRE da essa, ecco che tutta la vita è per noi.
c'è sicuramente nella vita di ognuna di noi qualcosa di infinitamente più bello e vero di un mucchietto di ossa, del controllo febbrile sul cibo, del rifiuto della femminilità. sicuramente.
tutto sta nel trovarlo ed aggrapparci.
ho trovato un lavoro. ho ritrovato degli amici.
ho scrito un libro. ho conosciutopersone. mi sono concessa di sbagliare, di non andare poi così bene a scuola, di non essere poi così perfetta, eppure qualch timido 8 l'ho preso.
mi sono concessa delle abbuffate che la mancanza di mio nonno ha imposto a mio stomaco. le ho accettate come necessarie e senza troppo soffrire le ho lasciate andar via.
tutto questo al prezzo di qualche osso riassorbito dal grasso. di tanto dolore. ma anche di gioia. procedo lenta e costante verso il normopeso. e tremo al pensiero di raggiungerlo, eppure continuo a tirare.
guardo la vostra discesa, sorelline, il vostro cammino per la magezza, e unaparte di me vi invidia. ma un'altra più forte mi spige a gridar di fermarvi.
ho vissuto quello che avete vissuto voi. non sono un'altr di quelle persone che da un peso di 60 chili vi raccontano di quanto sia assurdo farsi le paranoie. non sono un'altra di quei dottori per cui voi (ed io) provate (ed ho provato) un'enorme diffidenza.
sono stata anoressica anch'io, non altro. sono stata ricoverata non molo tempo fa perchè rischiavo un attacco di cuore, e sulla cartella hanno scritto "denutizione".
sono io questa persona ed io vi imploro di chiedere aiuto.
e se non ve lo danno, se i centri non vi ascoltano soltanto pechè ancora vi reggete in piedi, chiedete a me. conosc tante persone meravigliose che non hanno bisogno di vedere una ragazza di 30 kg per capirla e ascoltarla.
lottate contro l buio, non abbiate paura. cercate nel vostro cuore il Sogno che il disturbo alimentare vi ha strappato.
io ieri al funerale di mio nonno. gli ho promesso che farò la scrittrice.sono forse i miei stupidi racconti che mi hanno salvato: nulla, quindi, di pazzo o trascendentale.
un racconto, una canzone, una frase, uno strumento musicale, un sogno piccino e nascosto per troppo tempo.
senza sogni siamo denutrite come le canne secche.
se sognamo, invece, siamo verdi e serene come le foreste. perchè il sogno è come la pioggia: se non siamo capaci di accoglierla, come i terreni argillosi, scappa e ci lascia solo il vuoto; se ACCETTIAMO di LASCIARCI NUTRIRE da essa, ecco che tutta la vita è per noi.
venerdì 18 giugno 2010
mercoledì 16 giugno 2010
E PERò ANDRà.
ANDRà SEMPRE.
DEVE ANDARE.
IL MONDO NON SI FERMA SU UN SIGOLO GRANELLO DI SABBIA, SU UN SINGOLO PALPITIO DEL TEMPO.
PER QUANTO GRANDE SARà IL NODO, SI DOVRà SALTARE.
SI DOVRà SUPERARE.
MIO NONNO DICEVA CHE QUANDO TUTTI GLI DEI MUOIONO, UNO SOLO RESTA VIVO ED è INATTACCABILE, IMPERTURBABILE, ANZI, DA QUESTA SITUAZIONE DOLOROSA, COME LA PIANTINA DALLA DECADENZA DEL SUO SEME, TRAE LA SUA FORZA.
IL SUO NOME è SCONTATO, IO CREDO.
VOGLIO FARLE FORZA ANCH'IO, PER ME, PER TUTTE VOI!
ANDRà SEMPRE.
DEVE ANDARE.
IL MONDO NON SI FERMA SU UN SIGOLO GRANELLO DI SABBIA, SU UN SINGOLO PALPITIO DEL TEMPO.
PER QUANTO GRANDE SARà IL NODO, SI DOVRà SALTARE.
SI DOVRà SUPERARE.
MIO NONNO DICEVA CHE QUANDO TUTTI GLI DEI MUOIONO, UNO SOLO RESTA VIVO ED è INATTACCABILE, IMPERTURBABILE, ANZI, DA QUESTA SITUAZIONE DOLOROSA, COME LA PIANTINA DALLA DECADENZA DEL SUO SEME, TRAE LA SUA FORZA.
IL SUO NOME è SCONTATO, IO CREDO.
VOGLIO FARLE FORZA ANCH'IO, PER ME, PER TUTTE VOI!
un giorno di pioggia...
é un giorno di pioggia, e mio nonno lotta per vivere, e io per lasciarmi vivere.
mio nonno sta male e potrebbe morire, e l'ultima volta che l'ho visto prima che i suoi occhi si obliassero (stasi vegetativa, semi-vegetativa o morte, è lo stesso in fondo), le ultime parole che ci siamo detti io stavo male e lui piangeva.
e adesso, al lavoro, guardo fuori dalla finestra e mi sento il cuore pesante e leggero insieme che fluttua dolorante all'altezza del collo, e non faccio nulla.
vorrei lavorare ma non riesco. vorrei andare via ma non riesco.
la notizia me l'ha data al telefono mia madre, e la testa si è spenta ed ha vagato senza ridere o piangere per un bel mucchio di ore.
ero al lavoro. sono tornata in comunità e ho ricevuto una telefonata di valerio, e abbracci, comprensione. ancora una volta, compassione.
sono tornata stanca e bagnata di pioggia e mi si è fatta incontro Elisabetta. quant'era che non la vedevo...l'ho abbracciata, avrei voluto essere più felice, però. andrà via domani, si meritava che io fossi più felice per festeggiare il suo ritorno.
e invece sto qui e non riesco a capacitarmi di nulla.
vorrei stare più male. forse questo smarrimento è solo uno scudo che mi separa dalla sofferenza più acuta e triste.
c'è sempre stato, mio nonno. sempre. non può essere diverso. non può esserci in un modo diverso. non riesco a pensarlo che così, in campagna, o sul divano a guardare il calcio con le cuffie nelle orecchie, o la domenica a capotavola a mangiare la polenta. mio nonno. non avrei mai pensato che potesse succedergli qualcosa di serio. non a lui, così pacato e immobile come quell'albero grande sul ponte di Villa che si lascia scivolare addosso anni e decenni, senza ch'essi mai gli torcano una foglia.
ha avuto un ictus ed è caduto dalla moto, sbattendo la testa.
- mangia- ho detto a mia sorella al telefono - dai, mangia-, e mi sentivo incredibilmente distante.
coraggio, nonno. adesso abbiamo da lottare insieme.
mio nonno sta male e potrebbe morire, e l'ultima volta che l'ho visto prima che i suoi occhi si obliassero (stasi vegetativa, semi-vegetativa o morte, è lo stesso in fondo), le ultime parole che ci siamo detti io stavo male e lui piangeva.
e adesso, al lavoro, guardo fuori dalla finestra e mi sento il cuore pesante e leggero insieme che fluttua dolorante all'altezza del collo, e non faccio nulla.
vorrei lavorare ma non riesco. vorrei andare via ma non riesco.
la notizia me l'ha data al telefono mia madre, e la testa si è spenta ed ha vagato senza ridere o piangere per un bel mucchio di ore.
ero al lavoro. sono tornata in comunità e ho ricevuto una telefonata di valerio, e abbracci, comprensione. ancora una volta, compassione.
sono tornata stanca e bagnata di pioggia e mi si è fatta incontro Elisabetta. quant'era che non la vedevo...l'ho abbracciata, avrei voluto essere più felice, però. andrà via domani, si meritava che io fossi più felice per festeggiare il suo ritorno.
e invece sto qui e non riesco a capacitarmi di nulla.
vorrei stare più male. forse questo smarrimento è solo uno scudo che mi separa dalla sofferenza più acuta e triste.
c'è sempre stato, mio nonno. sempre. non può essere diverso. non può esserci in un modo diverso. non riesco a pensarlo che così, in campagna, o sul divano a guardare il calcio con le cuffie nelle orecchie, o la domenica a capotavola a mangiare la polenta. mio nonno. non avrei mai pensato che potesse succedergli qualcosa di serio. non a lui, così pacato e immobile come quell'albero grande sul ponte di Villa che si lascia scivolare addosso anni e decenni, senza ch'essi mai gli torcano una foglia.
ha avuto un ictus ed è caduto dalla moto, sbattendo la testa.
- mangia- ho detto a mia sorella al telefono - dai, mangia-, e mi sentivo incredibilmente distante.
coraggio, nonno. adesso abbiamo da lottare insieme.
domenica 13 giugno 2010
ancora, dopo 2 anni...ancora, mia madre
dopo tutto quello che è successo, tratta me come una regina e mia sorella come una serva.
ancora, ancora, ancora...tutto quello che odiavo di lei.
crede di darmi stabilità continuando a rimarcare come la nostra sia una famigla perfetta e lei la madre ideale, mentre non è mai stata vera nè l'una nè l'altra cosa.
mi disgusta.
se mia sorella è triste, e risponde male, continua a dire: -ma lo fa senza motivo, eh! lo sai che lo fa senza motivo!-
non si può mai mangiare in pace. io ho la tentazione perenne di ridurre. e lei sempre l'ansia infantile di aggiungere.
- mangia il pane, e i grissini, o i tuc!- strilla, quando ancora non ho cominciato il pranzo - ti chiedo solo di fare quello che fai in comunità!-
- io in comunità mangio CON CALMA!IL PANE ALLA FINE!- le rispond urlando, e già ho perso la vogliadi mangiare. lei, non potendo far altro, spinta da una foga dell'inconscio, riempie il mio piatto di verdure, finchè non rimane nemmeno lo spazio di mescolarle.
e mangio come un'anoressca. quado c'è lei, non sono più Alessia, ma un'anoressica che mangia. piano piano con la foga disperata di chi non vede l'ora di andarsene. bocconi senza sapore, sguardo fisso sul cibo, occhi vuoti, e quel mal di pancia dopo il pranzo, quel senso di gonfiore, quasi dimenticato, quella pulsione istintiva verso la satola dei lassativi....
con lei, tristemente ridivento anoressica. come fuori non sono più per nessuno.
e mi escono dalla bocca certe parole....oh, certe parole che mai direi a nessuno. - mi nausei! mi fai schifo!odio stare qui!- parole pesanti e ingiuste, un'aggressività che mai ha fatto parte di me.
perchè?
sono ingiusta, lo so, a fare così. sono cattiva. dovrei sapermi controllare, ormai.
eppure, com'è tutto difficile qui dentro dove regnano la confusione e la diffidenza, dove io senza possibilità di appello sarò solo la pazza da tenere buona, dove non posso avere il graffietto, il segno dei roller sulla pelle, senza suscitare panico, dove non posso mangiare con tranquillità, non posso vedere nulla di nero, tutti devono essere servitori che mi leccano le scarpe per paura di vedemi scoppiare!
credevo che fossero affettuosi perchè questa è la loro vera natura. e invece, li ritrovo più scoppiati di me.
mia madre. pulcino nevrotico. -non dire niente-, o -mi metti in croce!-, o -questa è una famiga meravigliosa, ti vogliono tutti bene, fanno tutti quello che vuoi tu!-, sono le frasi più frequenti. soprattutto, la prima. non dire. non dire niente. vede i miei problemi come la vergognosa manifestazione del suo fallimento. e teme che glielo si dica. non capisce che non è COLPA sua.
è venuta in comunità a fare un colloquio col direttore. tutti e due sorridenti. d'accordo sugli stessi punti. entrambi entusiasti. peccato che in quella stanza non c'era niente, niente di lei.
ho cercato di spiegare.
ma "sono sol le mie malate fantasie". lei non è che una madre affettuosa che mi ama. e non dubito che sia così. eppure la rifuggo perchè solo la sua vista mi scompensa, mi rievoca storie dolorose, il suo volto e quello della Pulce sono uguali.
andrò a vivere da sola. certo, o non guarirò mai. dopo qualunque percorso, mi ritroverò sempre lì. io, anoressica e autolesionista (ancora quelle due sporche definizioni), e lei.
mia madre.
ancora, ancora, ancora...tutto quello che odiavo di lei.
crede di darmi stabilità continuando a rimarcare come la nostra sia una famigla perfetta e lei la madre ideale, mentre non è mai stata vera nè l'una nè l'altra cosa.
mi disgusta.
se mia sorella è triste, e risponde male, continua a dire: -ma lo fa senza motivo, eh! lo sai che lo fa senza motivo!-
non si può mai mangiare in pace. io ho la tentazione perenne di ridurre. e lei sempre l'ansia infantile di aggiungere.
- mangia il pane, e i grissini, o i tuc!- strilla, quando ancora non ho cominciato il pranzo - ti chiedo solo di fare quello che fai in comunità!-
- io in comunità mangio CON CALMA!IL PANE ALLA FINE!- le rispond urlando, e già ho perso la vogliadi mangiare. lei, non potendo far altro, spinta da una foga dell'inconscio, riempie il mio piatto di verdure, finchè non rimane nemmeno lo spazio di mescolarle.
e mangio come un'anoressca. quado c'è lei, non sono più Alessia, ma un'anoressica che mangia. piano piano con la foga disperata di chi non vede l'ora di andarsene. bocconi senza sapore, sguardo fisso sul cibo, occhi vuoti, e quel mal di pancia dopo il pranzo, quel senso di gonfiore, quasi dimenticato, quella pulsione istintiva verso la satola dei lassativi....
con lei, tristemente ridivento anoressica. come fuori non sono più per nessuno.
e mi escono dalla bocca certe parole....oh, certe parole che mai direi a nessuno. - mi nausei! mi fai schifo!odio stare qui!- parole pesanti e ingiuste, un'aggressività che mai ha fatto parte di me.
perchè?
sono ingiusta, lo so, a fare così. sono cattiva. dovrei sapermi controllare, ormai.
eppure, com'è tutto difficile qui dentro dove regnano la confusione e la diffidenza, dove io senza possibilità di appello sarò solo la pazza da tenere buona, dove non posso avere il graffietto, il segno dei roller sulla pelle, senza suscitare panico, dove non posso mangiare con tranquillità, non posso vedere nulla di nero, tutti devono essere servitori che mi leccano le scarpe per paura di vedemi scoppiare!
credevo che fossero affettuosi perchè questa è la loro vera natura. e invece, li ritrovo più scoppiati di me.
mia madre. pulcino nevrotico. -non dire niente-, o -mi metti in croce!-, o -questa è una famiga meravigliosa, ti vogliono tutti bene, fanno tutti quello che vuoi tu!-, sono le frasi più frequenti. soprattutto, la prima. non dire. non dire niente. vede i miei problemi come la vergognosa manifestazione del suo fallimento. e teme che glielo si dica. non capisce che non è COLPA sua.
è venuta in comunità a fare un colloquio col direttore. tutti e due sorridenti. d'accordo sugli stessi punti. entrambi entusiasti. peccato che in quella stanza non c'era niente, niente di lei.
ho cercato di spiegare.
ma "sono sol le mie malate fantasie". lei non è che una madre affettuosa che mi ama. e non dubito che sia così. eppure la rifuggo perchè solo la sua vista mi scompensa, mi rievoca storie dolorose, il suo volto e quello della Pulce sono uguali.
andrò a vivere da sola. certo, o non guarirò mai. dopo qualunque percorso, mi ritroverò sempre lì. io, anoressica e autolesionista (ancora quelle due sporche definizioni), e lei.
mia madre.
giovedì 3 giugno 2010
restart
ho cambiato colore al blog. un arancio acceso che solo a vederlo mi fanno male gli occhi.
come preferivo quel nero ovattato e discreto di sofferenza.
ma se voglio veramente ripartire, devo cercare di cambiare, di sradicare tutto quanto e ripartire da zero. voglio essere diversa. voglio che mi vediate diversa.
voglio essere altro di quell'anima maledetta e ferita che ha trovato sfogo in questo blog.
allora, ben venga quell'arancione che fa male agli occhi.
la luce della vita è ancora più accecante di questa e non c'è più ragione di ignorarla e accantucciarsi nel buio.
non più.
come preferivo quel nero ovattato e discreto di sofferenza.
ma se voglio veramente ripartire, devo cercare di cambiare, di sradicare tutto quanto e ripartire da zero. voglio essere diversa. voglio che mi vediate diversa.
voglio essere altro di quell'anima maledetta e ferita che ha trovato sfogo in questo blog.
allora, ben venga quell'arancione che fa male agli occhi.
la luce della vita è ancora più accecante di questa e non c'è più ragione di ignorarla e accantucciarsi nel buio.
non più.
Iscriviti a:
Post (Atom)