quando stai dentro ad un tunnel non la vedi l'uscita. lampi, stridii, paura: distruzione e autodistruzione, è lo stesso, tutto perso in quella nebbia gelata che confonde i sensi. ma io so che un'uscita da questo tunnel C'é. ho scritto della mia caduta, ora voglio scrivere della mia ricerca. della mia speranza. benvenuti nel mio blog.
giovedì 23 dicembre 2010
domenica 31 ottobre 2010
noi sappiamo volare oltre il buio
Gli animali più possenti la temono: chiudono le palpebre insieme con il sole e si addormentano tra le pietre. Gli uomini stolti accendono lampade.
Tu invece sei così piccino. Ali di membrana sottile, pelo bruno tutto scarruffato, orecchie attente e grandi: nessun poeta ti loderà come fa con i gufi, non canteranno le tue ali di stoffa artigianale tenute insieme senza penne. Così piccino, movimento vibrante senza maestà. Però la notte è tutta tua.
La notte è la casa della paura. Luna di ghiaccio e foglie di sangue. Il bosco è percorso da branchi di lupi senza perdono. Falene sbattono le ali che non hanno colore. Gli uomini si svegliano e compiono crimini. Persino i placidi barbagianni sembrano bianchi fantasmi.
Tu solo ridi della notte, pipistrellino. Quell'oscurità tanto più grande di te non ti fa paura. Tu solo, unico poeta fra tutti gli animali, trovi allegria nella luna. Schizzi avanti e indietro senza vedere e senza cadere mai.
Quanta felicità la notte. Non hai bisogno di vedere per sentire che lei c'è e che tu ci sei.
Non hai bisogno della stampella del sole per sentirti caldo caldo fuori e dentro.
Piccolo animale notturno, pipistrellino. Tanto più grande sei tu della notte.
lunedì 18 ottobre 2010
il tempo di guarire
quando sono entrata in comunità mi sono detta: "la toglierò quando sarò guarita".
pensavo che l'avrei tolta alla fine del percorso, quando sarei uscita di lì.
poi un giorno, dopo quattro o cinque mesi dall'inizio del percorso, ero in bagno con un'altra ragazza e la collana si è rotta. si è sganciata la catenella e quella bavetta rosso sangue mi è finita in mano.
-se vuoi si può aggiustare facilissimamente- mi ha detto la mia amica.
-no,no grazie- le ho detto, e ho buttato la collana nel cestino.
forse non è ancora successo. o era già successo allora.
domenica 10 ottobre 2010
ancora
- ma che cosa?- sillabano le mie labbra stupite.
- non te lo so nemmeno dire. ma guarda la Verena, era anoressica anche lei però l'ho vista al McDonald's l'altro giorno! tu invece fai merenda solo e soltanto con le mele e mangi il tonno al naturale anzichè quello all'olio...e capisco che possa piacerti di più, però...non lo so, non so nemmeno come dirlo-
Mi disapprova, quell'adulta bambina, forse dopo tutto questo tempo seguita a disprezzarmi per come mi rapporto con il cibo. ancora.
- a casa non la mangi mai la pasta a pranzo!-
- però mangio carne, verdure, frutta, anche grissini o fagioli o patate-
- si, però la pasta non la mangi-
sono una mattonata nello stomaco questi dialoghi.
non riesco a capire che cosa è ora il cibo per me, che cosa è il corpo.
mangio, non riesco a non mangiare, costante è la paura di avere fame (di avere sempre, sempre fame,come una volta quando tutta la mia giornata era solo cibo). non riuscirei mai a restringere. non riuscirei mai ad eccedere senza farci caso, senza avvertire una tensione, una paura, una leggera colpa.
insomma, tengo me stessa in equilibrio forzato.
a casa mangio, mai di meno, spesso qualcosina di più.
però temo. temo la fame, il bisogno di masticare qualche cosa per placare il nervoso o la noia. temo la restrizione.
temo la Pulce.
non penso più alle calorie nè al mio peso quando mi trovo il piatto davanti. però lo indago e dico:- a noi due!-; lo indago e penso, com'è grasso questo sughetto, è ben tanta questa pasta. questo di per sè non è nemmeno Disturbo. però è qualche cosa che non mi permette ancora di stare completamente a mio agio con il cibo, quando esco dalla comunità. quando mangio qualsiasi cosa nel mio corpo c'è un'involontaria tensione. non faccio nulla e non penso nulla. ma, chi ha più sensibilità lo avverte, sono come un animale che mangia rapido e in allerta, come se da un momento all'altro dovesse giungere qualcuno a togliergli il pasto di bocca.
in comunità è diverso. lì non ho nessun problema.
ma quando arrivo a casa, ecco, scatta la "modalità protezione".
in comunità ci sono giorni che mi guardo e dico:-mica male!-
a casa, lo so che non devo stare più di dieci secondi davanti allo specchio, o l'immagine riflessa, la mia immagine, finirebbe per tramutarsi nella solita figura giunonica che ormai so di non essere.
ma lo stesso non debbo indugiare davanti allo specchio, quando sono a casa, o finirei per crederci. finirei per ritornare agli occhi di mia sorella quell'anoressica tanto disprezzata.
non sono più malata e lo so bene.
ma, la domanda è questa: dalle codine insulse e fastidiose, a volte persino dolorose della malattia, ci sarà un giorno che mi libererò?
o dovrò convivere tutta la vita con il peso scuro di questo mio passato?
tutta la vita giocherellare con le forbici come se fossero niente, e poi, ci colpo, ricordare? e mettere via quelle due lame innocenti con imbarazzo, con vergogna?
per sempre tremerò ogni prima neve ricordando le cose che porta con sé?
per sempre abbasserò lo sguardo e proverò gelosia per gli altri e disamore per me?
domenica 19 settembre 2010
non sono morta :)
ho avuto davvero pochissimo tempo ultimamente, tra la comunità e la scuola, e il mio libro che finalmente è uscito ed ha così bisogno di farsi conoscere...
tanto tempo per tante cose e insieme poco per me.
mi hanno tolto l'antidepressivo da 3 giorni, era tanto che aspettavo e ne sono felice! sono stati un po'duri questi primi momenti, permeati di nervosismo, ma reagisco bene soprattutto quando penso che davvero questo farmaco non mi serviva più ma il suo beneficio era solo psicologico...
autunno, freddo.
ricordo com'è stato quello dell'anno scorso. adesso è diverso, non ho più freddo e nonostante a casa sia sempre più difficile non sono più l'Alessia di prima, lo so, lo sento. la carne grassa e sugosa della domenica mi fa ancora ribrezzo, ma l'anoressia piano piano tace sempre più. non è per una paranoia che quella carne mi fa schifo. semplicemente non mi piace.
spero di avere un po' più tempo così da aggiornarmi su tutti i vostri blog!!!
intanto, un grande bacio :)
lunedì 30 agosto 2010
in questa mattina di lana piovosa
In questa mattina di lana piovosa, tutta l'uva è sulle pergole e nessuno la raccoglie ancora.
In questa mattina di lana piovosa, io ho approvato il mio aspetto senza mentire, e ho bagnato le scarpe nell'erba senza che una goccia disturbasse la pelle. L'erba era nutrita dall'acqua.
In questa mattina di lana piovosa, ho abbandonato il mio ombrello rotto e ho lanciato le sue stecche nel fiume, frecce d'argento sull'argento che rispecchia se stesso. La pioggia spruzza argento sui cassonetti dei rifiuti, sui lampioni e sulle ringhiere della scuola, che imprigionano i bambini nell'ora di ricreazione.
In questa mattina di lana piovosa, tutte le donne si scoprono belle, nello specchietto di una cipria o in quello più grande di una vetrina sbirciata sottovoce. Tutte le donne, sì, tutte guardano se stesse come una meraviglia. E gli uomini, gli uomini non si sono irritati della pioggia che scendeva a bagnare il vestito. Nessuno di loro ha bestemmiato quando un semaforo o il passo di un gatto hanno minacciato un ritardo, nessuno di loro ha bevuto soltanto un caffè a colazione.
In questa mattina di lana piovosa, le vecchie finalmente hanno pregato meno del solito, perché semplicemente non c'erano niente e nessuno da supplicare, e i bambini hanno fatto casino e mescolato le carte e nessuno li ha sgridati. E i ragazzi, quelli si sono baciati davanti ai cancelli della scuola senza che nessun bidello suonasse la campana, e anche a quelli che andavano soli non è stato negato un abbraccio, perché nessuno cominciasse il giorno senza compagnia.
In questa mattina di lana piovosa, il fiume canta la solita nenia sempre uguale. Solo che questa volta lo ascoltano tutti. E se il fiume non è un fiume ma un fosso di campagna, e se i fiori intorno non sono le aiuole che mettono in mostra a Sigurtà, ma margherite un po' spente e un po' calpestate, stamattina non sta a notarlo nessuno.
In questa mattina di lana piovosa, nessun cameriere ha fatto il conto sbagliato, e tutti i cassieri hanno battuto lo scontrino e tutti gli impiegati hanno risposto al call center e nessun capo del filo è stato scortese con l'altro. Solo i vigili urbani hanno strappato qualche multa in meno, a qualche svagato che si era fermato dove c'era divieto, per guardare che pioveva.
Stamani nessun caffè è stato troppo freddo, troppo liscio o troppo macchiato, e nessuno ha dovuto prendere la brioche all'albicocca perché quelle alla mora erano finite. Nessuno scapolo ha preso lo joghurt dal frigo e ha visto che era scaduto. Il miele era persino più zuccherino e anche le anoressiche ne hanno assaggiato un pochettino, perché era dolce davvero.
In questa mattina di lana piovosa, a dire il vero nessuno ha gridato.
Tutti i bambini sono nati senza dolore, senza che le mamme si facessero male.
Stamattina nessuno si è fatto male. Nemmeno un dito si è sbucciato. La pioggia non ha fatto scivolare nessuno. Gli autolesionisti non si sono fatti male. I gatti hanno lasciato stare le lucertole nei prati.
Guardo l'orologio e le lancette sono frecce d'argento, come le stecche dell'ombrello che sono sparite sul fondo del fiume. Ancora un minuto, e poi...
dong...
il mezzogiorno.
mercoledì 25 agosto 2010
contro la lapidazione
[questo post è tratto dal blog di Ondina: link http://lanavesullonda.blogspot.com/2010/08/dire-no-28-agosto-2010-100-citta-contro.html#comments ]
il 28 agosto, per un attimo, guardiamo con occhi diversi il nostro corpo nello specchio. riconosciamo che è un corpo di donna.
pensiamo a tutti quei corpi di donna che ogni giorno da qualche parte cadono trafitti di pietre.
sono come i nostri. fragili e potenti come i nostri.
corpi e menti e storie di donne meno fortunate di noi.
non dimentichiamoci mai di loro. facciamo circolare ques'immagine nei nostri blog e soprattutto nei nostri cuori.
La donna è un mondo.
la donna è IL mondo.
L'uomo è l'1. Unità pura e solitaria. La donna è il 2, numero binario. la donna crea, cammina. un'unità non fa un ritmo. la donna da sola è melodia.
perciò gli uomini insieme la amano e la temono. Se l'uomo è il seme della vita, la donna è il mondo che la può ospitare. una vita senza mondo non può esistere. un mondo senza donna, non può esistere.
le donne conoscono le magie, i cicli della luna e delle stagioni. le donne contengono nella loro pancia il segreto della vita e della morte e non lo sanno spiegare. sono tutte un poco maghe e un poco dee.
l'articolo femminile sta davanti alle parole terra, anima, luce, casa, energia, vita, guerra e pace, felicità.
c'era un'epoca in cui le donne reggevano il mondo, mi raccontava un giorno un'esperta di storia, ed era un'epoca senza avventure e senza guerra.
poi i maschi presero il potere e cominciarono a viaggiare per mare, a fondere l'oro, a costruire le città, a fare le grandi cose che crearono il mondo com'è oggi. tra queste anche la guerra.
Le donne che non cercavano avventura e non amavano la guerra rimasero a casa, dove molte di loro stanno ancora oggi.
negli uomini rimase il terrore di loro. tutti noi abbiamo sempre paura di ciò che non riusciamo a spiegarci.
L'attrazione della donna li confondeva. era come un vizio, come una malattia. era un'attrazione che superava enormemente il limite del fisico e intaccava pericolosamente le loro anime avventurose e guerriere. la donna ricordava loro che ciò che stavano costruendo non era Vita, ma solo qualche data su un libro di storia. gli uomini avevano paura delle donne.
e da allora le odiarono.
credettero che solo facendo schiava la Vita in persona, si sarebbero salvati dal suo potere.
e così donna cominciò a far rima con diavolo.
nel medioevo bruciavano le streghe.
E OGGI? CHE COSA FANNO OGGI? IO OGGI FREQUENTO LA SCUOLA, LAVORO E POSSO SPERARE IN UNA VITA MIA. MA ALTRE DONNE COME ME NON POSSONO PENSARE DI PRENDERE IN MANO LA LORO VITA.
UOMINI IGNORANTI ED ATTERRITI LE TENGONO IMPRIGIONATE CON LE UNICHE CATENE CAPACI DI TENERLE FERME: QUELLE MENTALI.
DONNE EDUCATE A ESSERE SCHIAVE PRIMA ANCORA DI RICEVERE LA PRIMA FRUSTATA.
DICIAMO NO ALLA SCHIAVITù DELLE DONNE.
DICIAMO NO ALLA SCHIAVITù DELLA VITA.
BASTA CON IL BIGOTTISMO MASCHERATO DA RELIGIONE.
BASTA TORTURE, BASTA LAPIDAZIONE.
giovedì 19 agosto 2010
non meno bello di un tramonto o della pioggia sottile che tremola nei pomeriggi d'estate.
le sue curve sono le rotondità dei pianeti. sono i contorni delle colline.
odiamo queste morbidità perchè le vediamo insidiose, capaci come sono di nasconderci l'orizzonte.
ma l'orizzonte non sparisce con le colline. sia esso piatto o curvo, morbido o acerbo, è identica la sua bellezza.
i corpi sono vari come le sfumature d'azzurro che vediamo stendersi su di noi.
non ne esistono due uguali.
non ne esistono uno più bello dell'altro.
in base a cosa la pioggia è più bella e più degna del sole?
c'è bisogno dell'uno e dell'altro.
del morbido e dello spigoloso. non serve voler far mare un monte. torrente un fiume.
faccio io stessa fatica ad accettare ciò che sto dicendo.
perchè, dico, perchè io devo per forza essere un cielo color perla, una collina, in luogo di una pianura o di un pallido azzurro?
basta guardare in su.
il nostro corpo è un regalo del cielo.
grazie.
lunedì 16 agosto 2010
ho paura perchè la situazione in famiglia è pesante, la mia pancia sta crescendo(si gonfia piano, sporge oltre la linea del bacino, tira sotto le magliette aderenti), vorrei andare a vivere da sola, ma incontro mille difficoltà.
che fare? io voglio studiare. non voglio fare l'impiegata per tutta la vita. in fondo ho solo la terza media.
e però: chi li trova i soldi per staccarmi da quella casa? mio papà ride e dice di lasciare la scuola se proprio voglio, che tanto non serve a nulla; scherza. ma è terribilmente serio per me questo gioco.
calcolo le calorie, quasi per gioco. e mi accorgo che a casa mangio di più che in comunità.
mangio di più eppure ho sempre addosso una fame che uccide.
ho paura di questa fame. ho paura che sia la porta aperta per una ricaduta.
ho paura, ho paura, ho paura.
non crediate: mangio pizze, mangio gelati. ma a casa non mi basterebbe mai, in comunità per molto meno mi sento scoppiare.
non voglio lasciare la scuola.
eppure, quei pochi soldi che col lavoro tiro su...se solo li potessi avere comunque...
non sarà eterno il tempo della comunità. me lo sento pesare come un macigno sulla testa, il tempo.
e il libro. se fosse un best seller non guarderei più in faccia a nessuno. potrei ben vivere e studiare, o anche lavorare e sognare.
ma non è un best seller. non ha neppure le possibilità di esserlo.
ragazzina, ragazzina. nonostante il grasso in più che ti pesa addosso, continui a camminare sul filo.
Peter Pan è stato strappato dalla sua isola ed ora comincia a sentire l'aria della vera vita...respira, respira...ma la mongolfiera pesa. e quant'è dura la vita di un adulto.
domenica 15 agosto 2010
Il ragazzo che era in me
Va' a sapere perché fossi là quella sera nei prati.
Forse mi ero lasciato cadere stremato di sole,
e fingevo l'indiano ferito. Il ragazzo a queí tempi
scollinava da solo cercando bisonti
e tirava le frecce dipinte e vibrava la lancia.
Quella sera ero tutto tatuato a colori di guerra.
Ora, l'aria era fresca e la medica pure
vellutata profonda, spruzzata dei fiori
rossogrigi e le nuvole e il cielo
s'accendevano in mezzo agli steli. Il ragazzo riverso
che alla villa sentiva lodarlo, fissava quel cielo.
Ma il tramonto stordiva. Era meglio socchiudere gli occhi
e godere l'abbraccio dell'erba. Avvolgeva come acqua.
Ad un tratto mi giunse una voce arrochita dal sole:
il padrone del prato, un nemico di casa,
che fermato a vedere la pozza dov'ero sommerso
mi conobbe per quel della villa e mi disse irritato
di guastar roba mia, che potevo, e lavarmi la faccia.
Saltai mezzo dall'erba. E rimasi, poggiato le mani,
a fissare tremando quel volto offuscato.
Oh la bella occasione di dare una freccia nel petto di un uomo!
Se il ragazzo non ebbe il coraggio, m'illudo a pensare
che sia stato per l'aria di duro comando che aveva quell'uomo.
lo che anche oggi mi illudo di agire impassibile e saldo
me ne andai quella sera in silenzio e stringevo le frecce
borbottando, gridando parole d'eroe moribondo.
Forse fu avvilimento dinanzi allo sguardo pesante
di chi avrebbe potuto picchiarmi. O piuttosto vergogna
come quando si passa ridendo dinanzi a un facchino.
Ma ho il terrore che fosse paura. Fuggire, fuggii.
E, la notte, le lacrime e i morsi al guanciale
mi lasciarono in bocca sapore di sangue.
L'uomo è morto. La medica è stata diverta, erpicata
ma mi vedo chiarissimo il prato dinanzi
e, curioso, cammino e mi parlo, impassibile
come l'uomo alto e cotto dal sole parlò quella sera.
siamo tutti quanti vittime di una paura antica.
la paura dei bambini che vivono attraverso il gioco.
giochi infranti sono le nostre paure. o giochi che non abbiamo avuto il coraggio di fare.
che strano essere di nuovo qui, a casa.
a casa di una madre debole e un padre che disapprova qualunque cosa e gioca con la colpa. forse esagero. ma non so perdonare il giorno che ha detto che sono una larva senza qualunque dignità.
mi ha accusata di cercare la vita da sola per la droga e lo sballo.
io, che quasi piango ad ogni sigaretta che accendo.
domani per fortuna andrò via.
la medica sarà estirpata un giorno, l'uomo cotto dal sole andrà via.
ma guarderò con paura anche il loro partire, credo.
ci sono cose nella vita che odi eppure provi fastidio all'idea che passino.
la mia famiglia è per me come per lungo tempo ho visto il pane: utile e letale insieme, senza che riuscissi a comprenderne bene il perchè. ma anche ad adddentarlo, vinta ogni resistenza, questo pane è muffito.
cazzo.
sabato 14 agosto 2010
certi ricordi sono di casa
lo studio della casa di mia madre.
quante cose ho fatto qui dentro. quanti pianti, urle, botte, tagli, ricordi.
ricordi. è difficile non farsene assalire una volta che torni nel luogo dove tante cose sono successe.
ecco che cosa ci ritrovo, ogni volta che torno...
questo polsino l'ho comprato a Caserta, a 11 anni, quando ero andata con mio padre e mia sorella a trovare i parenti che abbiamo laggiù...
non è un polsino qualunque. quello sgorbio nero non è casuale che l'abbia tracciato proprio lì.
era la mia benda, questo piccolo pezzo di stoffa sempre uguale. la benda di tutto un mondo che sapevo esprimere solo tra la pelle e la tela.
non è il solo ricordo che qui dentro mi fa compagnia.
ero qui dentro la sera che è morto mio nonno. sera di abbuffata. sola fino alle tre del mattino ad ascoltare "i treni a vapore" per farmi coraggio. la testa stordita di sonno e confusione. c'è la foto che ho scattato, nello stesso identico posto in cui sto seduta ora. non è un ricordo concreto, ma c'è, insieme con tutti gli altri.
solo una delle mille foto idiote che mi facevo...sempre a questa scrivania. avevo scelto il braccialetto per un motivo ben preciso: il nero erano i miei giorni(più tardi, le mie briciole), affogati nel rosso di...insomma, di quello che ci scorre nelle vene. (che strano parlarne adesso...)
ho solo la foto.
solo lo stesso computer e lo stesso luogo.
il braccialetto non c'è più.
un bel giorno di aprile, semplicemente l'ho strappato via, e l'ho gettato senza una parola o un rimpianto.
venti chili e venti secoli fa, ma sempre qui.
mio padre mostrava orgoglioso questa foto. me la mostra ancora rinfacciandomi "quant'ero bella"
...quant'ero comodamente, serenamente(per loro) in sovrappeso.
è stata una sera di serenità, quella a cui risale.
a casa non c'era nessuno.
L'UNICA COSA CHE DAVVERO CONTA: IO. QUI. ADESSO.
venerdì 13 agosto 2010
le nuvole se piangono pioggia è solo per il gran ridere
vivrò da sola e mi reggerò sulle mie gambe.
oggi sono felice. tutto il mondo è bagnato di pioggia e l'aria profuma. verso le tre sono uscita dalla comunità. dovevo andare alla banca ad incassare un assegno per comprare un regalo alla mia amica, ma ha cominciato a piovere e non avevo l'ombrello, ho perso la fermata e sono finita dall'altra parte della città, la banca intanto era chiusa e la pioggia continuava a cadere sulla mia testa, sul mio camminare incerto, con zaini e borse stracarichi nelle mani.
che giornata di merda, potresti dire.
invece.
mi sono rifugiata in un bar e ho chiesto di usare il bagno. i proprietari erano un'anziana coppia del sud. mi hanno detto di sì storcendo il naso. quando sono uscita mi è caduto un attimo l'occhio sul frigo dei gelati, e loro subito lì a chiedermi quale volevo.
non avevo per niente fame, però mi sono detta: "ma si, dai!". era troppo scortese rifiutare, così mi sono seduta fuori, al riparo, a mangiare. ho chiacchierato con due russi che giocavano a braccio di ferro nel tavolo vicino. ridevo, sono stata bene. non importa che non li conoscessi. esseri umani, binari sconnessi, incrociati solo per un attimo. non tutti gli incontri devono durare per sempre. quanti esseri umani come noi incontriamo ogni giorno al bar o alla stazione. ma di solito non parliamo con nessuno di loro.
poi, una corsa ed ho ripreso l'autobus per tornare finalmente a casa.
sotto le goccie dritte e pesanti fiorivano gli ombrelli. ombrelli grandi, ombrelli per due. coperte da quella volta di stoffa colorata, perchè il gelo di quella pioggia non le violasse, le persone si prendevano a braccetto.
ho fatto un sorriso grande a questa briciola di amore che danzava nella pioggia.
oggi è stata una buona giornata.
Ridiamo come le montagne non appena gli voltiamo le spalle, ogni volta che sono sicure che nessuno le veda. Come il mare che si ostinano a chiamare furioso mentre le tempeste non sono che i suoi sghignazzi. Come le nuvole che se piangono pioggia è solo per il gran ridere. Come il vento che non fa che sganasciarsi e soffia soltanto perché deve riposare il respiro.
Luciano Ligabue
p.s: Mari, un grazie speciale è per te. sotto la pioggia o nell'abbraccio del sole, il tuo solo posare le mani sopra a una tastiera è un sorriso.
giovedì 12 agosto 2010
perchè ascoltano tanto la droga e se ne fregano dell'anoressia?
sono esattamente uguali.
allo stesso modo uccidono.
mondo cieco, perchè?
solo adesso che sto "bene" mi accorgo di tutto il fango che c'è quaggiù...forse ne sto ancora fuggendo perchè provo schifo. forse non ne sono ancora uscita, ed è per questo che provo tutto questo schifo. sono arrabbiata con l'anoressia. incazzata nera.
lunedì 9 agosto 2010
ANIMELLA FERITA,
IO NON SONO FORTE.
NIO, NOI NON LO SIAMO.
DOPOTUTTO, PUR SEMPRE FRAGILI E MORBIDE E NON SICURE.
PERò LO SAREMO.
MANGEREMO.
SAREMO FELICI, POSITIVE.
RIDEREMO, PARLEREMO, CANTEREMO.
PER NOI, PER LE NOSTRE ANIMELLE FERITE, PER I NOSTRI STOMACI CHE ORA PIù CHE MAI FATICANO A TRATTENERE IL CIBO. PER LE NOSTRE PANCE CHE FANNO MALE E LE BOCCHE SAZIE CHE SI COSTRINGONO A MANGIARE.
PER GLI ANNI CHE IL PERCORSO CHE STIAMO FACENDO NON CI HA TOLTO, MA RESTITUITO.
PER LE FAMIGLIE CHE UN GIORNO TI(CI?) VEDRANNO TORNARE.
TU TIENI DURO E NOI SUPEREREMO ANCHE QUESTA.
giovedì 29 luglio 2010
siamo tutti PETER PAN
ciao ragazze...vi ringrazio per il sostegno... ora sto meglio...non è tutto passato, ma piano piano sta rifluendo come una marea...come è naturale che sia...
sono troppo stanca per scrivere qualcosa su come mi sento ora, ma ho davvero voglia di farvi leggere queste righe..
è un piccolo racconto che ho scritto qualche mese fa...il tema, anche se può non sembrare così a prima vista, è qualcosa di fondamentale rispetto a ciò che convivendo con un DCA, con l'autolesionismo e la depressione dobbiamo affrontare tutte, ogni giorno...
la paura di uscire dalla protezione che potrebbe dare così facilmente un corpo di bambina, un'isola distante persa oltre le stelle...tutte noi siamo un po' Peter Pan...
se reggete alla noia (: fino alla fine, vorrei anche farvi una domanda...dei due personaggi che si trovano alla fine, CHI VI SENTITE VOI?
vi chiedo questo perchè il mio psichiatra l'ha letto e mi ha fatto capire chi sono io dei due...
il neonato che vuole parlare da adulto...
vestiti troppo grandi per chi non li può portare, e penne per chi non sa scrivere...
Quel mattino Peter Pan si svegliò stanco. Aveva sognato per tutta la notte di duellare con un Capitan Uncino più agguerrito che mai, mentre lui era stranamente goffo e grave, con le gambe forti come pietre ma senza l'agilità consueta, le braccia robuste ma impossibili da muovere perché non più sue, ed una tale preoccupante pesantezza che gli impediva di volare.
Aveva il respiro affannato come dopo una lunga corsa, la fronte ancora tirata a lucido da un velo di sudore. I suoi occhi presero a vagare nella luce soffusa e nel tepore familiare della propria camera, indugiando a lungo su ogni particolare del muro, su ogni crepa ed ogni macchia di colore che lo ricopriva, sul lettino scintillante di Trilly, sulla piuma dai colori dell'arcobaleno che aveva sottratto ad Uncino qualche dozzina di battaglie prima, e che si diceva provenisse dal regno degli elfi immortali, miglia e miglia oltre l'Oceano Verde. Fluttuava lieve a qualche palmo dal soffitto, muovendosi al refolo di un vento invisibile. Peter la guardò, e quella piuma fu per lui come un calmante.
Pareva tutto così uguale agli altri giorni, così normale.
Ma, non appena tentò di alzarsi dal letto, si rese subito conto che qualcosa non quadrava. Che diamine avevano le sue gambe? Così goffe che parevano legate?
Gettò loro uno sguardo e vide, sgomento, che queste sporgevano ben oltre le coperte, superando di almeno mezzo metro il bordo del letto.
Si alzò faticosamente e tentò invano di infilarsi una tutina verde ormai troppo stretta. Pareva un vestitino per le bambole, così inanimata e vuota nella sua mano. Un tremito di paura lo scosse.
- Trilli, Trilli!- gridò, e si stupì del suono della propria voce, così profonda e roca, grave come il fiato possente di un organo di chiesa. Non era quella di sempre. Ma che cosa gli stava accadendo? Sentiva la gola piena di pietre. Tentava di mandarle giù, ma quelle si ingrossavano fino ad impedirgli di respirare.
Aria, aria. Aveva bisogno di aria. Un po' di aria fresca gli avrebbe snebbiato il cervello e l'avrebbe risvegliato da quel brutto sogno.
Uscì di casa, scivolando con i piedi nudi sul prato umido di rugiada. Il temporale della notte aveva generato una piccola pozzanghera limpida, che tremava leggermente sotto il sole. Peter vi gettò lo sguardo per caso, e la trovò invasa, in corrispondenza del suo volto riflesso, da una sorta di ombra scura.
Si mise in ginocchio ed avvicinò il volto per guardare meglio.
Il suo mento era ricoperto da una selva di corti ed ispidi peli neri, che a Peter comunicarono un immediato senso di sporcizia e di squallore, ed accesero un campanello d'allarme nella sua testa. Avvicinò ancora il volto a quel sottile velo d'acqua, quasi sperasse di poterci affogare dentro, e rimase lungamente a considerare la barba, il pomo d'Adamo che gli si andava ingrossando, gli stessi lineamenti del volto che erano cambiati, laddove le guance fino a ieri decisamente più paffute avevano lasciato sporgere gli zigomi, e nessun segno restava delle efelidi che punteggiavano il suo viso, come se queste fossero il prodotto di leggeri tratti di matita che la gomma di una notte era bastata a lavar via.
Indugiò ancora qualche secondo e poi, improvvisamente colto da spavento, scattò in piedi e corse via nel profondo della foresta, così nudo come si trovava.
Non c'era Trilli accanto a lui, né i bambini smarriti. Se n'erano andati tutti a fare chissà cosa, a pescare rane nello stagno o a nuotare imitando i delfini. Peter stavolta era solo con le sue lacrime che, quando il vento della corsa non gliele asciugava sul viso, cadevano per terra e facevano appassire le viole.
Nessuno, sull'Isola Che Non C'è, aveva mai pianto.
Quando non ebbe più la forza di correre crollò semplicemente a terra con la testa tra le mani.
Era cresciuto. Così, senza rendersene conto, senza volerlo. Tutto quel tempo che aveva tanto artificiosamente tenuto a bada per anni e secoli ora montava come un fiume in piena costretto da una diga, e scalpitava e premeva ed infine l'aveva vinta.
La sua diga si era rotta, ed il Tempo gli aveva impresso il suo sigillo bruciante sulla pelle.
Peter non aveva mai temuto nulla, che ricordasse. Mai la sua fiducia in se stesso e la sua scanzonata allegria erano venute meno. Ora, però, aveva paura.
Quando si fece notte non si era spostato di un centimetro. Ed era ancora lì quando, la mattina seguente, il sole salì ad illuminare il suo corpo tremante ed intriso di rugiada come un filo d'erba.
Fu un sussulto insolito tra i cespugli che lo fece alzare. Decise di controllare cosa fosse. Cautamente, scostò i rami di una rosa selvatica e vi sbirciò attraverso.
Dietro c'era un neonato infagottato nella camicia di un uomo adulto, con un dito ficcato in bocca e un mazzo di chiavi gettato nell'erba appresso a lui, insieme ad un paio di occhiali, un notes e una penna.
Si guardarono negli occhi. Il neonato reclinò la testa di lato, senza sfilarsi il dito di bocca.
- Vedi com'è buffo?- esclamò Peter – tu hai una camicia da adulto che non ti potrai mai portare in giro decentemente, mentre io, che sono un uomo, sono qui nudo come un neonato-.
E ancora: - il tempo mi ha giocato un brutto scherzo, caro bambino. Vorrei tanto essere al tuo posto, sai...-
- Ed io al tuo – rispose il neonato. Parlava con la voce di un uomo fatto. Peter rabbrividì fin nel midollo. - Ma dobbiamo andarcene tutti, prima o poi, dall'Isola Che Non C'è. Deve giusto arrivare la mongolfiera che ci porterà via. Perché viene,prima o poi, il momento in cui dobbiamo renderci presenti a noi stessi, e stringere i denti, perché è il momento in cui tutto ciò che pensavamo di avere ci viene tolto, e bisogna pur ringraziare e passar oltre-.
Peter Pan alzò gli occhi al cielo. Un'enorme mongolfiera blu cobalto stava atterrando silenziosa.
Ecco, vedi, disse tra sé, vedi, lo dicevo io che essere bambini non è sempre bello come sembra, ma crescere è pure una gran seccatura.
mercoledì 28 luglio 2010
ora le butto tutte fuori, e mi bagnano la faccia, la faccia intera, la bagnano come un sasso su cui il torrente pietoso stende il suo velo lucido e trasparente.
piango e non so se spero.
non so se spero che un giorno non piangerò più.
forse lo voglio ancora.
forse è questo, questo di cui ho bisogno.
piangere e scrivere.
mi sono caricata sulle spalle macigni giganteschi, travi possenti sopra a un corpo non più fragile, a un'anima fragile come e più di prima.
macigni, montagne.
ma ho ancora bisogno di una carezza.
ho ancora bisogno di riempirmi la giornata di cose e ritrovarmi a sera avida di coccole.
forse questo pianto mi insegna qualche cosa.
dovrei smettere di fracassarmi la schiena a sollevare montasgne.
devo smettere di pretendere che non piangerò mai più, che non mi sentirò grassa mai più, che non desidererò una cicca un pianto e un abbraccio mai più.
lunedì 26 luglio 2010
tristezza
non ti voglio.
smettila, smettila, smettila di farmi male.
perchè tu sei come un aeroplano e io sono il tuo porto. e tu te ne vai lunghe ore, ma poi finisci sempre per tornare.
martedì 20 luglio 2010
gang pro ana
pensavo a quella ragazza stecca che mi dorme accanto. al suo contare le forchettate di pasta(come mi è venuta in odio la parola "forchettata", quasi quanto "caloria"). pensavo alla manopola della doccia voltata in basso sopra al bollino blu dell'acqua fredda. e ai ragazzi del bronx che si riuniscono in gang, governate da severe precise leggi.
i ragazzi delle gang devono sopportare prove durissime per entrarci. fatica fisica. umiliazione. insicurezza, paura. dolore.
i ragazzi delle gang vogliono sentirsi guerrieri in nome di un'identità comune che da sicurezza. ma non sono guerrieri. e piano piano la loro identità sparisce.
questo secondo me è perfettamente accostabile al fenomeno pro ana: nè più nè meno che una gang.
"sono solo i forti che non mangiano", "il mondo è duro, noi saremo dure", "questo mondo non è per i deboli: se non siete forti, se non siete drastiche, via di corsa", "tu vali la tua taglia"....un'anoressica arriverebbe forse a dirlo di se stessa, mai si sognerebbe di imporre questa visione agli altri. una pro ana lo fa costantemente.
è molto diversa una "pro ana" da un'anoressica. portatrici di un'identica sofferenza, ma inconfondibili tra loro. le anoressiche applicano una ristrettezza e una violenza contro se stesse che sono allucinanti, e si fanno scudo di queste sofferenze. non si interessano ad altri che a se stesse nell'applicare la loro aggressività. le pro ana estendono tutto questo anche agli altri. dilatano lo spazio, creano reti invisibili e i fili che le reggono sono insicurezza e dolore.
le anoressiche precipitano da sole, le pro ana cadono e travolgono tutto il palco che sta loro intorno.
pesavo 58 chili, io, e quelle sue parole perforarono lo schermo e mi squarciarono il cuore.
gang pro ana.
forse ora quella ragazza mi rispetterebbe un po' di più. sono io che non l'ho mai rispettata. le avrei sputato negli occhi, quella sera. oggi lo farei due volte.
se una ragazza è anoressica non le è difficile digiunare. ben più difficile è imporsi di farlo controvoglia. dev'essere veramente durissima imporsi qualcosa del genere. e poi, io non sarei mai riuscita a farmi una doccia gelata "per bruciare calorie". è assurdo, è spaventoso. semplicemente spaventoso, incitare a questo qualcuno che si sta uccidendo pian piano per la denutrizione e che comincia a sentirsi il freddo nelle ossa.
gang pro ana.
sa tanto di punizione. di rito tribale per entrare in un gruppo.
pro ana che mangiano 300 calorie al giorno, ma non di insalata, 300 calorie di cioccolatini. mi si stringe il cuore a sentire queste cose. mi si stringe il cuore più che a sentire di una che mangia solo mele. non so bene perchè.questo diverso tipo di sofferenza mi spaventa.
quando la gang diventa ragione-religione di vita. filosofia che riassume in sè l'essenza stessa della vita.
"questo è un blog pro ana, se non siete d'accordo abbandonatelo immediatamente": eccoci finalmente allo stadio finale della formazione di una gang: la demonizzazione del diverso. la distruzione psicologica di chi non appartiene al gruppo. assoluta, inflessibile, inappellabile severità.
chissà che cosa direi oggi a quella ragazza se la incontrassi in internet. probabilmente mi limiterei a cliccare la grande X rossa a destra dello schermo.
non piangerò mai più per colpa sua.
domenica 18 luglio 2010
Cara Mari, tu che mi hai scritto anche via mail, era proprio per te il premio :)
riguardo all'altro blog che non si può commentare...in realtà questo è un blog "esportato" dall'altro che sarebbe stato quello vero, perchè verso ottobre è sorto un problema proprio con i commenti che non sono riuscita a risolvere, e quindi sono stata costretta ad esportare...
giovedì 15 luglio 2010
non per una taglia
sii una saggina nella valle
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
se non puoi essere un albero
sii un cespuglio.
se non puoi essere una via maestra
sii un sentiero.
se non puoi essere il sole
sii una stella.
non per una taglia vincerai o perderai,
sii il meglio di qualunque cosa sei."
ieri Debora mi ha detto che si ricorda il giorno che sono arrivata in comunità.
come dimenticarlo.
"tutte e due prese con le bombe".
ero assolutamente convinta che una taglia mi avrebbe fatta vincere o perdere. perchè era così, in fondo: al centro mi avrebbero aiutata veramente solo se fossi scesa al di sotto di un certo peso. sennò non ci sarei mai arrivata, in comunità.
c'è tanta gente, anche non alle prese con un DCA, che crede che sia UNA TAGLIA a fare la differenza.
c'è tanta gente che non si ammala eppure non ha capito un cazzo.
è Martin Luther King che ha ragione, però. se stessi ad ascoltare le persone fuori...che, ora che peso 44,5 kg e sono ancora leggermente sottopeso, dicono che non sono per niente magra... se stessi ad ascoltare loro, cui non basta mai!
no, io lo so che non avrò mai una pancia bella e proporzionata, nè che imparerò a ballare o che tutti mi ammireranno. ma volgio essere la migliore piccola saggina sul fiume.
non sarò mai brava nei lavori manuali, nè a dipingere o a danzare o a suonare uno strumento. una volta ci soffrivo. pretendevo di guadagnarmi una taglia in tutto.
ma ora voglio solo tenermi i miei difetti e non farmene sopraffare.
essere un sassolino nella strada orgoglioso però di esserlo.
non per una taglia vincerò o perderò.
mercoledì 14 luglio 2010
PREMIO DARDOS
mi ha fatto moltissimo piacere, cara Alice, che tu mi abbia pensata per questo premio, dedicato ai blog che dimostrino "impegno nel trasmettere valori culturali, etici, letterari o personali".
non mi sembra in fondo di aver fatto nulla per meritarlo, ma lo accetto con gioia come se fosse un "buon proposito" per quello che vorrei fosse il mio blog.
certo è che è un pezzo importante di me stessa, un luogo virtuale in cui ho vissuto un periodo intensissimo della mia esistenza. cos'è un blog, si potrebbe dire. è in realtà grazie ad esso, ma soprattutto a voi (non sarebbe servito a nulla il mio blog senza di voi), che sto scoprendo pieghe nascoste della mia anima, diversi modi di intendere il profondo miracolo della vita, tutti giusti, alcuni distorti, nessuno veramente sbagliato.
grazie a questo blog ho aiutato me stessa. non pretendo di aiutare gli altri. ma mi sono salvata, perchè qualcuno cui ero molto vicina l'ha trovato e mi ha sostenuta in un momento in cui credevo di morire.
tutte le parole che si gettano nel vento ritornano. tutte le goccie gettate nel mare le beviamo come acqua di sorgente.
per cui giro con piacere questo premio a delle bloggers che, più o meno silenziosamente, seguo e stimo.
persone con un cuore così grande che lo sanno dilatare persino allo spazio inconsistente di internet. un cuore enorme che riempie di se stesso anche ciò che non ha corpo.
grazie a tutte, ragazze! e ricordatevi che per ritirare il premio dovete a vostra volta assegnarlo ad altri 15 blog che ritenete meritevoli.
un grazie immenso ad Alice ed a tutte voi.
giro il premio a :
Musidora
Kiara
.fighter.
Martita
edward scissorhands
vale84
alice ***
Martina
Veggie
Mari
Lovetobebones
...e le altre a seguire :)
lunedì 12 luglio 2010
sono un fiammifero
se mi parlano, rimango stupita del suono delle mie e delle loro parole.
se sbaglio, è l'ennesima volta.
se non sbaglio, ci sarà un'altro sbaglio.
se sono felice, mi permetto di sentire la mia vena di malinconia.
se il mondo mi si presenta davanti, lo affronto con gioioso pessimismo.
la mia amica mi acceca col suo meraviglioso ottimismo.
sono un fiammifero.
venerdì 9 luglio 2010
giovedì 8 luglio 2010
c'è una ragazza nuova
in comunità è arrivata una ragazza nuova. magrissima, da fare impressione. ovviamente, non mangia nulla. uno joghurt a pranzo e uno a cena. ci guardava dal capo estremo del tavolo con due occhi indagatori mentre mangiavamo. mi si stringe lo stomaco a pensare che una volta anche io ero così.
per la prima volta da tanto tempo devo confrontarmi con una magrezza del genere. per la prima volta, non riesco a trovarla bella. mi ispira solo un'istintiva paura.
parla tanto, ma solo di cibo. seguita a ripetere che pesa 38 chili e che è
malata da 5 anni. e poi che vorrebbe mangiare ma non riesce. e poi centinaia di altre parole simili. cibo, dimagrire, peso. ancora e ancora.
E non ho mai visto degli occhi vuoti in quel modo. di sguardi disperati ne ho visti tanti, mal suo non è disperato. non è triste. ha gli occhi di una bambola. sembrano una cortina che sta lì sola e fragile a coprire il niente.
mi hanno spostata di camera e mi hanno messa da sola con lei. da un
lato questo mi rende orgogliosa, perchè le nuove vengono messe solo
con chi si è dimostrato avanti nel percorso, o per lo meno capace di reggere al peso dei primi giorni...però così facendo mi
hanno tolto da due mie amiche carissime, una delle quali è in camera con me da sempre, dal primo giorno...ci siamo viste entrambe cambiare e siamo diventate come sorelle...la
sera, chiaccheravamo, ci facevamo i "grattini", scherzavamo e discutevamo
fino a tardi...
e ora...ora sono stata messa in compagnia di questa ragazza così simile alla me di prima, altrettanto lontana, anni luce, dal mondo.
mi mette un po' a disagio. non ci crede che sono ancora lievemente sottopeso.
ieri sera mi continuava insistentemente a chiedere qual'è stato il mio peso minimo.
io le ripetevo che queste cose non sono importanti, che ciò che conta di più che
io sia qui, che lei sia qui. come persone e non come patologie. alla fine ho ceduto e le ho detto il mio peso minimo: 40 e lei ha risposto
che in effetti non era un peso basso. che desolazione ho sentito, alora. come se
davanti a lei non avessi più il diritto di dire: Ho sofferto. come se non fossi mai
stata "abbastanza anoressica".
credevo di averle messe via, certe cose. ma ho paura che con lei ritornino.
io la capisco e la voglio aiutare. ma l'istinto mi dice di tenerla lontana.
mangio, lavoro, rido e passo oltre. ma ci sono i suoi occhi illusori dall'altra parte del tavolo. i suoi occhi, antico ingannatore sortilegio.
lunedì 5 luglio 2010
energia?
stanca. perchè lavoro e dormo poco e mi muovo sempre.
serena, perchè sono stanca per un motivo che non è la denutrizione.
c'è qualcosa nell'aria che è come un coktail di energia.
è l'energia dell'universo.
le nostre menti sono come le periferiche di questo enorme server comune ch'è il mondo. tutto collegato. tutto condivisibile, esprimibile, stampabile, taggabile: non siamo soli come gli atomi che cadono nel vuoto.
domenica 4 luglio 2010
felice
cali d'umore, soprattutto la sera, scrosci insensati di pianto, angoscia talvolta.
eppure: continuo ad essere felice.
così, felice. venerdì sono andata a una festa e la Pulce diceva non ballare, sembrerai una cretina.
non abbracciare quella persona, non ridere, e togliti quel sorriso ebete dalla faccia, oh, quanto sei scema.
semplicemente l'ho lasciata a sgolarsi a vuoto. ed ho passato una serata così bella come mai ne avevo passate da....anzi. forse di così belle non ne avevo passate mai.
e girare, girare per le strade o sedermi dopo cena sulla rugosa panchina di legno del cortile della comunità a prendere il fresco, sentendomi semplicemente felice, senz'altre parole di contorno...
credevo che fosse merito tutto delle mie famose goccie della felicità. semplicemente faccio fatica a reggere l'idea di stare bene(per questo gli scoppi di pianto).
e invece, lo sto scalando e scopro giorno per giorno che impegnandomi posso essere felice anch'io.
felice, senza compromessi.
felice anche con le lacrime. anche con il sonno. felice. punto.
lunedì 28 giugno 2010
io non ho più l'aspetto di un'anoressica.
45 chili. ossa ricoperte nuovamente da un leggero morbido strato di grasso. brufoli leggeri, come se ridiventassi adolescente un'altra volta. dovrà pur essere cambiato qualcosa.
se uno mi vedesse ora non crederebbe che mesi fa sono stata in un ospedale per troppa magrezza.
se uno volesse trovare i segni dei tagli dovrebbe proprio andarli a cercare. e le mani non sono più così bianche e fredde e non è più impensabile vedermi per strada con una mela o un gelato (e ne mangio tanti, di gelati. ieri persino una moneta di cioccolato senza il minimo pensiero).
non può essere che questo corpo sia così diverso e che nell'anima non sia mutata.
mens sana in corpore sano: quanto è vero. ora che il mio corpo con immensa fatica tenta di ridivenire sano anche l'anima, per forza, deve fare così.
paura a fare tutto. irrigidimento totale se lei o qualcun'altro mi sfiora. gelosia pungente come uno spillo per quella ragazzina con la pancia tonda tonda e il viso largo e infantile con la sua risata onnipresente, quella ragazzina a cui voglio bene, che è in comunità da una settimana appena e già tutti la amano. è il contrario di me, e tutti la amano.
eccolo insinuarsi pian piano il solito vecchio senso di inadeguatezza. stanca mi tiro su e lo combatto. ma non riesco a liberarmi e intanto gli altri mi vedono farmi piccola piccola, impacciata e disgustata di me, e allibiti non sanno che dire.
"come possono amare quell'alessia impacciata e depressa che hanno ora davanti?" mi chiedo intanto, e mi sento una fallita perchè in 7 mesi di comunità ci ho messo la ragione e so perfettamente che tutto questo è solo una trappola della mia mente, una volgare disgustosissima pulce.
eppure la pulce resiste anche se l'ho appena smascherata.
riesco a tirarmi fuori soltanto parlando e piangendo. da sola non lo posso ancora fare.
è la strada più dura quella dell'accettazione di sè.
ho bisogno della conferma che sono amata ed accettata così come sono, nella mia noiosa tendenza alla depressione.
mercoledì 23 giugno 2010
lunedì 21 giugno 2010
i centri per i disturbi alimentari
proprio a questo pensavo in questi giorni.
per prima cosa, i centri sbagliano perchè non hanno nessun vero interesse di fermare il disturbo alimentare finchè esso non rientra nei canoni stabiliti dalla psichiatria: quante ragazze(ed io tra queste) NON SONO STATE AIUTATE NELLA MANIERA ADEGUATA, PERCHè ANCORA NON ABBASTANZA MAGRE. si dovrebbe cercare di togliere dalla testa delle persone che l'attenzione alla loro sofferenza dipende dal peso o dalle forme corporee, e il fatto che i centri si comportino così, negando che un disturbo vi sia anche quand'esso, pur non arrivando ancora alle sue forme estreme, è chiaro e conclamato, è scandaloso.
i tempi sono troppo lunghi. per chi sta davvero male, è difficile attendere mesi e mesi dopo la presa in carico da parte del centro prima di ricevere il primo consiglio che non sia: "mangia" (perfettamente inutile). io che ricordi, tranne forse dalla dietologa, non ne ho mai ricevuto uno.
le ragazze nei centri sono delle malate croniche, e l'anoressia è un disturbo eterno che o si risolve da solo, o non esiste, o dura per tutta la vita. e questo è veramente demoralizzante per chi deve lottare contro un disturbo alimentare e non viene adeguatamente incoraggiato che ce la può fare.
quando il centro per i disturbi alimentari di Trento dirigeva in compresenza la nostra comunità, le dietiste SI RIFIUTAVANO DI MANGIARE CON LE PAZIENTI persino nei giorni di festa tutti insieme, VOLEVANO TENERE LE "MALATE" SOTTO UNA CAMPANA DI VETRO, nell'ignoranza della vita e del mondo di fuori: quando morì per caso un asinello si scandalizzarono e litigarono col direttore perchè le ragazze "non dovevano essere sottoposte a un simile stress". nella vita reale, ci saranno sempre occasioni di stress certo maggiori che mangiare insieme, avere dispiaceri o persino affrontare dei lutti: tenere le pazienti lontano dalla vita reale cronicizza la malattia, che è proprio un allontanamento dalla vita reale.
il centro disapprovava i pasti in comune, perchè le pazienti "si sarebbero messe in competizione tra loro". è vero, ma solo abituarsi a consumare un pasto nella maniera più normale e sana può produrre miglioramento, e i propri comportamenti disfunzionali durante il pasto possono essere migliorati soltanto nel continuo e costante confronto con gli altri, da chi è più avanti col percorso a chi è più indietro e quindi rappresenta una prova.
i centri non danno soluzioni alternative all'anoressia: non fabbricano speranza. inducono all'isolamento nel problema e alla solitudine. non producono aggregamento e non offrono soluzioni. io ho ricevut un'adeguata assistenza solo nei dieci giorni trascorsi in ospedale. lì, sì, ho trovato un po'di speranza e conforto. ma sembra che al centro diano attenzione solo ai "casi disperati".
posso solo dirvi di fare attenzione a chi chiedete aiuto. di non accontentarvi. di cercare costantemente la soluzione migliore per voi. DI NON ASPETTARE CHE IL DISTURBO ALIMETARE SI CRONICIZZI. di non attendere in silenzio di arrivare all'ospedale. di chiedere, chiedere, chiedere, perchè ne avete tutto il diritto.
se i centri non vi danno ascolto perchè "non corrispondete ai canoni", non dategliela vinta. non disperatevi per adeguarvi. non siete voi che siete immeritevoli di aiuto, ricordatelo.
sono loro che non hanno i mezzi adeguati.
è difficilissimo uscire da un disturbo alimentare da sole: assicuratevi di avere a disposizione l'aiuto giusto.
sabato 19 giugno 2010
c'è sicuramente nella vita di ognuna di noi qualcosa di infinitamente più bello e vero di un mucchietto di ossa, del controllo febbrile sul cibo, del rifiuto della femminilità. sicuramente.
tutto sta nel trovarlo ed aggrapparci.
ho trovato un lavoro. ho ritrovato degli amici.
ho scrito un libro. ho conosciutopersone. mi sono concessa di sbagliare, di non andare poi così bene a scuola, di non essere poi così perfetta, eppure qualch timido 8 l'ho preso.
mi sono concessa delle abbuffate che la mancanza di mio nonno ha imposto a mio stomaco. le ho accettate come necessarie e senza troppo soffrire le ho lasciate andar via.
tutto questo al prezzo di qualche osso riassorbito dal grasso. di tanto dolore. ma anche di gioia. procedo lenta e costante verso il normopeso. e tremo al pensiero di raggiungerlo, eppure continuo a tirare.
guardo la vostra discesa, sorelline, il vostro cammino per la magezza, e unaparte di me vi invidia. ma un'altra più forte mi spige a gridar di fermarvi.
ho vissuto quello che avete vissuto voi. non sono un'altr di quelle persone che da un peso di 60 chili vi raccontano di quanto sia assurdo farsi le paranoie. non sono un'altra di quei dottori per cui voi (ed io) provate (ed ho provato) un'enorme diffidenza.
sono stata anoressica anch'io, non altro. sono stata ricoverata non molo tempo fa perchè rischiavo un attacco di cuore, e sulla cartella hanno scritto "denutizione".
sono io questa persona ed io vi imploro di chiedere aiuto.
e se non ve lo danno, se i centri non vi ascoltano soltanto pechè ancora vi reggete in piedi, chiedete a me. conosc tante persone meravigliose che non hanno bisogno di vedere una ragazza di 30 kg per capirla e ascoltarla.
lottate contro l buio, non abbiate paura. cercate nel vostro cuore il Sogno che il disturbo alimentare vi ha strappato.
io ieri al funerale di mio nonno. gli ho promesso che farò la scrittrice.sono forse i miei stupidi racconti che mi hanno salvato: nulla, quindi, di pazzo o trascendentale.
un racconto, una canzone, una frase, uno strumento musicale, un sogno piccino e nascosto per troppo tempo.
senza sogni siamo denutrite come le canne secche.
se sognamo, invece, siamo verdi e serene come le foreste. perchè il sogno è come la pioggia: se non siamo capaci di accoglierla, come i terreni argillosi, scappa e ci lascia solo il vuoto; se ACCETTIAMO di LASCIARCI NUTRIRE da essa, ecco che tutta la vita è per noi.
venerdì 18 giugno 2010
mercoledì 16 giugno 2010
ANDRà SEMPRE.
DEVE ANDARE.
IL MONDO NON SI FERMA SU UN SIGOLO GRANELLO DI SABBIA, SU UN SINGOLO PALPITIO DEL TEMPO.
PER QUANTO GRANDE SARà IL NODO, SI DOVRà SALTARE.
SI DOVRà SUPERARE.
MIO NONNO DICEVA CHE QUANDO TUTTI GLI DEI MUOIONO, UNO SOLO RESTA VIVO ED è INATTACCABILE, IMPERTURBABILE, ANZI, DA QUESTA SITUAZIONE DOLOROSA, COME LA PIANTINA DALLA DECADENZA DEL SUO SEME, TRAE LA SUA FORZA.
IL SUO NOME è SCONTATO, IO CREDO.
VOGLIO FARLE FORZA ANCH'IO, PER ME, PER TUTTE VOI!
un giorno di pioggia...
mio nonno sta male e potrebbe morire, e l'ultima volta che l'ho visto prima che i suoi occhi si obliassero (stasi vegetativa, semi-vegetativa o morte, è lo stesso in fondo), le ultime parole che ci siamo detti io stavo male e lui piangeva.
e adesso, al lavoro, guardo fuori dalla finestra e mi sento il cuore pesante e leggero insieme che fluttua dolorante all'altezza del collo, e non faccio nulla.
vorrei lavorare ma non riesco. vorrei andare via ma non riesco.
la notizia me l'ha data al telefono mia madre, e la testa si è spenta ed ha vagato senza ridere o piangere per un bel mucchio di ore.
ero al lavoro. sono tornata in comunità e ho ricevuto una telefonata di valerio, e abbracci, comprensione. ancora una volta, compassione.
sono tornata stanca e bagnata di pioggia e mi si è fatta incontro Elisabetta. quant'era che non la vedevo...l'ho abbracciata, avrei voluto essere più felice, però. andrà via domani, si meritava che io fossi più felice per festeggiare il suo ritorno.
e invece sto qui e non riesco a capacitarmi di nulla.
vorrei stare più male. forse questo smarrimento è solo uno scudo che mi separa dalla sofferenza più acuta e triste.
c'è sempre stato, mio nonno. sempre. non può essere diverso. non può esserci in un modo diverso. non riesco a pensarlo che così, in campagna, o sul divano a guardare il calcio con le cuffie nelle orecchie, o la domenica a capotavola a mangiare la polenta. mio nonno. non avrei mai pensato che potesse succedergli qualcosa di serio. non a lui, così pacato e immobile come quell'albero grande sul ponte di Villa che si lascia scivolare addosso anni e decenni, senza ch'essi mai gli torcano una foglia.
ha avuto un ictus ed è caduto dalla moto, sbattendo la testa.
- mangia- ho detto a mia sorella al telefono - dai, mangia-, e mi sentivo incredibilmente distante.
coraggio, nonno. adesso abbiamo da lottare insieme.
domenica 13 giugno 2010
ancora, dopo 2 anni...ancora, mia madre
ancora, ancora, ancora...tutto quello che odiavo di lei.
crede di darmi stabilità continuando a rimarcare come la nostra sia una famigla perfetta e lei la madre ideale, mentre non è mai stata vera nè l'una nè l'altra cosa.
mi disgusta.
se mia sorella è triste, e risponde male, continua a dire: -ma lo fa senza motivo, eh! lo sai che lo fa senza motivo!-
non si può mai mangiare in pace. io ho la tentazione perenne di ridurre. e lei sempre l'ansia infantile di aggiungere.
- mangia il pane, e i grissini, o i tuc!- strilla, quando ancora non ho cominciato il pranzo - ti chiedo solo di fare quello che fai in comunità!-
- io in comunità mangio CON CALMA!IL PANE ALLA FINE!- le rispond urlando, e già ho perso la vogliadi mangiare. lei, non potendo far altro, spinta da una foga dell'inconscio, riempie il mio piatto di verdure, finchè non rimane nemmeno lo spazio di mescolarle.
e mangio come un'anoressca. quado c'è lei, non sono più Alessia, ma un'anoressica che mangia. piano piano con la foga disperata di chi non vede l'ora di andarsene. bocconi senza sapore, sguardo fisso sul cibo, occhi vuoti, e quel mal di pancia dopo il pranzo, quel senso di gonfiore, quasi dimenticato, quella pulsione istintiva verso la satola dei lassativi....
con lei, tristemente ridivento anoressica. come fuori non sono più per nessuno.
e mi escono dalla bocca certe parole....oh, certe parole che mai direi a nessuno. - mi nausei! mi fai schifo!odio stare qui!- parole pesanti e ingiuste, un'aggressività che mai ha fatto parte di me.
perchè?
sono ingiusta, lo so, a fare così. sono cattiva. dovrei sapermi controllare, ormai.
eppure, com'è tutto difficile qui dentro dove regnano la confusione e la diffidenza, dove io senza possibilità di appello sarò solo la pazza da tenere buona, dove non posso avere il graffietto, il segno dei roller sulla pelle, senza suscitare panico, dove non posso mangiare con tranquillità, non posso vedere nulla di nero, tutti devono essere servitori che mi leccano le scarpe per paura di vedemi scoppiare!
credevo che fossero affettuosi perchè questa è la loro vera natura. e invece, li ritrovo più scoppiati di me.
mia madre. pulcino nevrotico. -non dire niente-, o -mi metti in croce!-, o -questa è una famiga meravigliosa, ti vogliono tutti bene, fanno tutti quello che vuoi tu!-, sono le frasi più frequenti. soprattutto, la prima. non dire. non dire niente. vede i miei problemi come la vergognosa manifestazione del suo fallimento. e teme che glielo si dica. non capisce che non è COLPA sua.
è venuta in comunità a fare un colloquio col direttore. tutti e due sorridenti. d'accordo sugli stessi punti. entrambi entusiasti. peccato che in quella stanza non c'era niente, niente di lei.
ho cercato di spiegare.
ma "sono sol le mie malate fantasie". lei non è che una madre affettuosa che mi ama. e non dubito che sia così. eppure la rifuggo perchè solo la sua vista mi scompensa, mi rievoca storie dolorose, il suo volto e quello della Pulce sono uguali.
andrò a vivere da sola. certo, o non guarirò mai. dopo qualunque percorso, mi ritroverò sempre lì. io, anoressica e autolesionista (ancora quelle due sporche definizioni), e lei.
mia madre.
giovedì 3 giugno 2010
restart
come preferivo quel nero ovattato e discreto di sofferenza.
ma se voglio veramente ripartire, devo cercare di cambiare, di sradicare tutto quanto e ripartire da zero. voglio essere diversa. voglio che mi vediate diversa.
voglio essere altro di quell'anima maledetta e ferita che ha trovato sfogo in questo blog.
allora, ben venga quell'arancione che fa male agli occhi.
la luce della vita è ancora più accecante di questa e non c'è più ragione di ignorarla e accantucciarsi nel buio.
non più.
martedì 1 giugno 2010
sabato 29 maggio 2010
il mio libro...
ho sempre avuto un sogno, sapete...quello di scrivere. non importa cosa,anche solo un libro, un piccolo libro in tutta la mia vita...
ora, non ci avrei mai creduto, ma ho realizzato, o meglio, sto realizzando questo mio sogno...
ho sempre scritto racconti, e un giorno mi sono detta:-dai, proviamo- ed ho mandato a un editore una raccolta di quelli che ho scritto nei miei primi due anni di superiori...e, non ci crederete, ha detto che me li pubblica!!!!
sono felicissima, scrivere è veramente la mia vita, è il mio sogno, la mia consolazione, la mia passione, è tutto...
c'è un però. il libro per ora è solo in prevendita su internet e finchè non avrò raggiunto le 111 copie prenotate non potrà essere veramente pubblicato...
perciò, detesto fare queste cose, veramente, detesto mettermi in mostra, ma ho bisogno del vostro aiuto.
non vi chiedo di comprarlo, figuratevi, non sono così meschina, costa 11 euro e mica si possono spendere 11 euro così al vento.
quello che vi chiedo è questo: di far girare il link anche sui vostri blog, di fare un po' di pubblicità...è una cosa tanto importante per me questa, ve lo chiedo veramente col cuore...
e vi ringrazio in anticipo...è merito anche vostro se ho avuto il coraggio di tirare tutto fuori da quel maledetto cassetto...grazie infinite a tutti voi....
ecco IL LINK:
http://www.statale11.it/libri&idlibro=240http://www.statale11.it/libri&idlibro=240
vi ringrazio ancora immensamente...
lunedì 17 maggio 2010
mi mancate tantissimo.
purtroppo non posso mai usare il computer se non come ora, a scuola e mezzo di nascosto...e non posso accedere alla mail da qui, per cui non ho nemmeno tempo di guardare i vostri post...
è un po' così la mia vita ora, per tanti aspetti vissuta a gocce.
gocce per gli amici, frammenti per la mia scuola e le mie passioni, briciole sottili per il mio amore impossibile. ma fette, fette grandi, di vita per me.
non smettetela di lottare. avete visto la mia disperazione ed essa non ha peggiorato il vostro dolore; ora vedete la mia speranza e, lo so, neppure questa sarà in grado di accrescere la vostra, di speranza: ma io non voglio rinunciare a trasmetterla.
mangiate la vita. mangiamo la vita. troppo tempo ci siamo tenute a digiuno.
abbiamo rifiutato un piatto pieno pieno di gioia e di amore.
prendiamone gran fette, adesso, dappertutto, dagli occhi di chi ci vuol bene, dal cielo, dalla terra. questo cibo per l'anima non fa ingrassare. fa soprattutto vivere.
ci siamo allontanate dal mondo perchè il mondo non capiva il nostro dolore. troviamo qualcuno che ci ascolti ed esso si commuterà in gioia.
ci siamo fatte piccole piccole perchè qualcuno ci proteggesse e ci amasse vedendoci così fragili.
ma una ragazza scheletrica non la ami, la proteggi sì, ma per pena. non puoi amare un topino che si nasconde, miserabile. non puoi amare la sofferenza che si è inghiottita una persona.
puoi amare solo LA PERSONA, NON LA MALATTIA. e se lasciamo che la malattia ci cancelli, non è amore ma solo pena che riceveremo. chi è più amabile di una persona che lotta? grassa o magra che sia, non importa.
mangiamo la vita, briciola dopo briciola. sentiamone il sapore.
una ragazza in comunità si lamentava che aveva sempre mal di pancia quando mangiava. a nulla è valso spiegarle che ce l'avevo anch'io, e solo mangiando si è cancellato.
la nostra mente è una trappola mortale. l'importante è scoprirlo e cominciare a lottare.
è la lotta che fa di un uomo un uomo. la lotta prima ancora della vittoria.
vi voglio bene.
venerdì 7 maggio 2010
domenica 2 maggio 2010
annego nei ricordi di fronte ad un pranzo di comunione, quando metto in bocca riso, carne, vino, verdura, polenta e chi non sa che cosa ho passato non nota quasi nulla, forse solo un impercettibile tremolio delle labbra che si portano il cibo alla bocca, una fissità dello sguardo quando rifiuto il dolce.
annego nei ricordi in una casa che tante ne ha viste, una casa che ho odiato e da cui in tutti i modi ho tentato di fuggire, e nei miei diari pieni pieni di buio, e in quella stanza in cui ho urlato e pianto.
quanto ho amato quella bambina scheletrica che non riusciva a mangiare una mela perchè era troppo.
quanto ho amato quel taglierino che affondava nella carne e faceva sgorgare tutto quel sangue caldo e scuro, prova che in fondo anche io sono viva.
quanto ho amato quell'animaletto ferito che piangeva piangeva e poteva suscitare solamente pena ed amore.
quanto ho amato la mia forte fragilità.
ho perso venti chili e il mio corpo è ritornato quello di una bambina. sono finita in un ospedale che mi racchiudeva come un ventre materno, dove la mia vita era solo flebo e coperte, dove io ero una bambola denutrita e tutto il resto era fuori.
quanto ho amato l'anoressia.
ora sono forte e fragile insieme.
lei se ne è andata ma è ancora dentro di me.
ho acquisito peso e forza e piano piano sto ritornando alla vita.
ma chi sono io, ora che quella bambina che era tutta la mia vita se n'è andata per sempre, mi perseguita col sapore del suo ricordo e non ritorna più?
domenica 14 febbraio 2010
ora, dopo tanto cadere, ho cominciato a camminare.
un giorno tornerò a casa, lavorerò, vivrò, penserò al futuro.
un giorno saprò piacermi anche con un chilo in più, anzi, gioirò del mio star bene.
gioirò vedendo che le cicatrici lentamente vengono riassorbite dalla pelle, di nuovo morbida e liscia, di nuovo ignara delle ferite.
un giorno correrò senza più capogiro, e guarderò la mia immagine allo specchio, e, anche se non troverò più le ossa, mi considererò comunque degna di vivere.
allora tornerò, perchè non mi sono mai dimenticata di voi.
tornerò e saprò finalmente da che parte è giusto stare.
e il mio messaggio di dolore, di sporco e di schifo si trasformerà in una cascata di luce.
e la luce vi abbraccerà e vi dimostrerà che l'amore esiste e c'è per ciascuno di noi, e che vivere ogni giorno è meglio, meglio che darsi piano piano una così teatrale morte.
buona fortuna a tutte ragazze, e non smettete mai di combattere, perchè i buoni vincono sempre alla fine, e la vostra anima buona non aspetta che un po'di ascolto.